Quella riforma della Costituzione, parte seconda Titolo V, ha trasformato le regioni in 20 «Staterelli della cuccagna», liberi di spendere e spandere, come aveva scoperto e titolato ItaliaOggi già in un’inchiesta del 2006. Con il risultato che, per accontentare la Lega Nord e dare al Carroccio il contentino del federalismo, il centrosinistra, allora maggioranza, ha dato un contributo decisivo nel «rompere l’unitarietà della finanza pubblica», spiega a ItaliaOggi il procuratore della Corte dei conti nel Lazio, Angelo Raffaele De Dominicis.
Da allora, «i controlli della corte dei conti sulle spese delle regioni, un tempo molto stringenti», si sono per forza di cose allentati. E anche i cordoni della borsa hanno cominciato ad allargarsi, fino ad arrivare agli eccessi formalmente legali del Lazio guidato da Renata Polverini, (ieri ha annunciato le proprie dimissioni), e di Franco Fiorito, capogruppo del Pdl in consiglio regionale. Lo scandalo del Lazio, quello prossimo della Campania, dove alla perquisizione del consiglio regionale e dei gruppi consiliari da parte della Guardia di finanza si sta per accompagnare l’inchiesta della procura campana della corte dei conti guidata da Tommaso Cottone, e tutti gli altri che inevitabilmente verranno alla luce («Lazio e Campania sono soltanto le prime, altre seguiranno», dice De Dominicis), hanno quindi un’origine legislativa precisa.
E adesso che, a distanza di 11 anni da quella riforma i buoi sono fuggiti dalla stalla, con l’esplosione della spesa per i consigli regionali, pari a 1,2 miliardi di euro, è inutile stupirsi se il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, non uno che passa lì per caso, dichiara che quanto è accaduto «va oltre ogni immaginazione». Già, perché la corte dei conti può intervenire soltanto a cose fatte, spiega ancora De Dominicis: «È cambiata totalmente la mappa dei poteri, si figuri che hanno dato alle regioni il potere di avere una loro politica estera e di istituire vere rappresentanze diplomatiche». I venti staterelli della cuccagna, insomma, sono quasi incontrollabili a priori perché le loro spese sono basate su leggi fatte dalle stesse regioni e dai parlamentini regionali. Per il resto ci sono le inchieste della magistratura, ordinaria e contabile, che dovranno fare luce nei prossimi mesi sulle eventuali responsabilità penali e accertare gli eventuali (e molto probabili, non soltanto in Campania e nel Lazio) danni erariali. Ma per riparare «il disastro», così lo definisce il procuratore del Lazio, compiuto 11 anni fa, servirà ben altro. Per esempio, un patto costituente di avvio legislatura.
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