Tre pregiudiziali: il «definitivo chiarimento» sulla promessa cancellazione dei 2 miliardi in più di ticket dal prossimo anno, il finanziamento del Ssn e degli investimenti in edilizia sanitaria. Poi sei capitoli scottanti interamente da ridiscutere: costi standard, assistenza sociale, Lea (livelli essenziali di assistenza), personale, cure H24 sul territorio e ospedali. Se il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, promette di presentare per fine luglio ai governatori almeno la prima bozza del «Patto per la salute» e intanto tratta con Saccomanni anche in vista della legge di stabilità 2014, le Regioni affilano le armi. Per nulla disposte a firmare cambiali in bianco sulla sanità. Pronte, anzi, ad alzare la posta sebbene manchino varchi nei conti pubblici.
Mentre il Governo prepara la nuova fase di spending review e riannoda i fili aggrovigliati della manovra 2014 coi rebus Iva e Imu, la spesa sanitaria si conferma una delle grandi incognite dei conti pubblici. A dispetto delle promesse di Lorenzin di abbandonare i tagli lineari e di aggirare l’agguato dei nuovi ticket decisi dal duo Berlusconi-Tremonti. Intanto c’è lo spauracchio dello sciopero di 4 ore proclamato dai medici per lunedì prossimo. E non mancano altre partite aperte. A partire dai farmaci, dove l’apertura di ben due tavoli (su Prontuario e politica industriale) dimostra l’esistenza di altrettante situazioni di crisi per la filiera della sanità. Lo spartiacque di qualsiasi scelta, ormai è chiaro, sarà quel «Patto per la salute» che con Monti e Balduzzi non è arrivato al traguardo. E che a maggior ragione adesso, con un anno di ritardo, sarà cruciale per poter individuare scelte concordate. E appunto per questo le Regioni – chissà se tutte unite, soprattutto le tre a trazione leghista – fanno scudo. Indicando una serie di paletti con un documento appena elaborato per i governatori dagli assessori – come anticipato dal settimanale Il Sole-24 Ore Sanità, www.24oresanita.com – che integra e arricchisce le linee guida per il confronto col Governo messo a punto sedici mesi fa. In pratica, la nuova base di trattativa da cui partire secondo le Regioni.
Con le «pregiudiziali» su ticket, finanziamento del Ssn e dell’edilizia sanitaria che restano in cima a tutto. Ed ecco le nuove «integrazioni». A partire dalla necessità di proseguire il percorso dei costi standard, già con quel riparto 2013 che resta in naftalina. Poi con la definizione dei Liveas (livelli essenziali di assistenza sociale) e dei Lea. Quindi con una regolazione da scrivere ex novo rispetto allo stesso “decreto Balduzzi” delle cure sul territorio e degli stessi tagli negli ospedali. Per arrivare a una richiesta sibillina e tutta da riempire di contenuti: «Rafforzare le politiche per la gestione e lo sviluppo del personale» per poter «accompagnare con forme e strumenti nuovi i processi di programmazione e organizzazione» in corso nelle Regioni. Quale possa essere il punto di caduta non è facile capire. Un altolà in più per i sindacati.
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