Per il Ddl costituzionale che «abolisce» le Province arriva il primo rinvio. Lo ha accordato ieri il Governo in Conferenza unificata, concedendo agli amministratori 30 giorni in più per esaminare il provvedimento prima di dare il parere obbligatorio (difficile prevedere che sarà positivo). Per carità, visto il testo non è certo il caso di affrettarsi, dal momento che tra periodi di sospensione e salvaguardia dei mandati esistenti le ultime Province tramonterebbero nel 2017 anche in caso di approvazione a tempi di record, ma l’urgenza che aleggiava nei giorni del consiglio dei ministri sembra già essersi persa per strada. Sempre ieri, la Conferenza unificata ha dato il via libera al decreto sulla «regionalizzazione verticale» del Patto di stabilità, che consente ai governi regionali di agire come stanza di compensazione per aiutare gli enti locali del territorio nel raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica. In questo meccanismo, in realtà, l’aiuto vero dovrebbe arrivare dagli altri enti locali, con le Regioni a giocare un ruolo da regista: entro il 15 ottobre di ogni anno i Comuni e le Province che prevedono di raggiungere con tranquillità gli obiettivi del Patto comunicano alle Regioni il “surplus” che possono cedere, mentre quelli in difficoltà indicano le risorse di cui hanno bisogno. Chi cede quote ottiene un alleggerimento degli obiettivi del Patto nei due anni successivi, chi le riceve deve “ripagare” l’aiuto entro lo stesso termine. In questo modo, il contributo complessivo alla manovra di ogni territorio rimane inalterato, ma il “mutuo soccorso” potrebbe liberare quote di pagamenti alle imprese (il focus è sulle spese in conto capitale). Rimane da capire, passando all’atto pratico, quanti sindaci e presidenti saranno disposti a cedere spazi finanziari agli altri, in un contesto di inasprimento progressivo degli obiettivi del Patto.
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