Alcune recenti decisioni dei tribunali amministrativi consentono di ritornare sul tema delle “quote rosa” nelle giunte comunali.
L’art. 1, c. 137, della legge 56/2014 ha previsto che “nelle giunte dei Comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico”. Pertanto, per i Comuni con popolazione superiore ai 3.000 abitanti, la legge 56/2014 prevede all’art. 1, c. 137, una percentuale precisa a garanzia della parità di genere – per le giunte – pari al 40%, facendo emergere chiaramente l’intenzione del legislatore di attribuire valore cogente e precettivo alla percentuale indicata (“nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%”), come altresì rimarcato dall’endiadi “arrotondamento aritmetico”, che denota la scelta di voler ancorare la percentuale minima di rappresentanza ad un valore numerico oggettivo, preciso e puntuale.
Per i comuni con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti pur non essendo prevista una percentuale predeterminata, occorre comunque garantire la presenza di assessori apparenti ad entrambi i sessi, secondo il disposto dell’art. 6, comma 3, del d.lgs 267/2000, nel testo novellato dalla legge 215/2012 (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 5 ottobre 2015 n. 4626). Le citate disposizioni sono state oggetto di commento in precedenti articoli (Nomina della giunta comunale e rispetto delle “quote rosa e Il rispetto delle pari opportunità nella costituzione delle giunte comunali).
L’ordinanza del TAR Puglia n. 408 del 8 novembre 2017 e la sentenza del TAR Marche n. 822 del 30 ottobre 2017permettono di approfondire due tematiche: la prima riguardante la possibilità di ottenere la sospensiva da parte del giudice amministrativo sul provvedimento di nomina della giunta comunale; la seconda attiene alla possibilità di “sanare” l’illegittima composizione dell’organo esecutivo prima della decisione del giudice.
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