Un conto salato quello che hanno ricevuto 400 dipendenti dell´Ateneo per colpa del computer o dei burocrati. Dovranno recuperare 5000 ore di lavoro entro ottobre o perdere lo stipendio. Inevitabile la polemica, durissima, dei sindacati. Perché i dipendenti timbravano il cartellino regolarmente, anche quando entravano dopo o uscivano prima dagli uffici dell´università con dei permessi. Ma le ore a «debito» poi non venivano segnalate a fine mese. Il lavoratore, dunque, non le recuperava, né gli venivano detratte in busta paga. Dopo tre anni, a quattrocento tecnici e amministrativi, è arrivata la mazzata. L´amministrazione, che ha calcolato un danno erariale di 150mila euro, ha scritto una lettera in cui si chiede il recupero delle ore entro fine ottobre, altrimenti saranno trattenute nello stipendio. Tuonano i sindacati: tutta colpa del sistema di rilevazione delle presenze, il famigerato «Tempus», che dal 2007 al 2009, non ha funzionato bene. Le Unità di Base, con Antonella Zago, vanno oltre: «Il danno erariale c´è, ma è colpa della procedura Tempus che non segnalava tale debito, io stessa ho undici ore da recuperare e non lo sapevo. Ma chi ha causato il danno? Chiedete i soldi a chi doveva controllare». C´è chi ha una manciata di ore da recuperare, e in 250 lo hanno già fatto. C´è chi invece – una quarantina di casi – ha cento e più ore, ovvero tre settimane di lavoro da restituire, accumulate sulle 5.184 ore di lavoro di un dipendente universitario in tre anni. Per questo i sindacati chiedono più tempo, una via di uscita che l´amministrazione pare intenzionata a concedere. «Non chiediamo una sanatoria – dichiara Nicola Brunelli della Cgil – ma visto gli evidenti difetti della procedura e il mancato aggiornamento dei dati, abbiamo chiesto più tempo per recuperare le ore dovute». L´amministrazione difende il sistema e spiega che prima del 2009 solo non si vedevano negli statini i residui del mese precedente. Di qui il pasticcio delle «ore fantasma».
Quattrocento assenteisti per colpa del computer
Il caso
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