Il quarto conto energia non piace al Sud: lo contestano Puglia e Sicilia, le due produttrici principali di energia rinnovabile in Italia, e le aziende del settore, molte delle quali hanno sede nelle due regioni. Perché il nuovo sistema taglia gli aiuti ai nuovi impianti fotovoltaici e modifica le tariffe da un rimborso costante ad uno a scalare negli anni. Le Regioni, che avevano bocciato la bozza del provvedimento, ora possono comunque dare l’ok ai nuovi progetti. Erano rimaste per quattro mesi in attesa delle ultime norme: col Dlgs 28/11 del 3 marzo il Governo ha abolito il terzo conto (che era ancora in corso fino a fine 2013) e, col decreto interministeriale del 5 maggio, ha ridotto del 40% i sussidi agli impianti entrati in esercizio dal 1° giugno. Il dibattito resta aperto sul futuro Piano energetico nazionale: il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, lo ha annunciato per l’estate, alla Conferenza per l’energia, per avvicinare l’Italia all’obiettivo Ue del 17% di produzione da fonti rinnovabili entro il 2020. Ciò, secondo uno studio di Gestore servizi energetici (Gse) e Iefe-Bocconi, creerà 250mila posti di lavoro, cinque volte più di oggi. Il decreto del 5 maggio, propedeutico al Piano, è per gli impianti attivati dal 1° giugno 2011 al 31 dicembre 2016, prevede incentivi per 20 anni dall’allaccio alla rete elettrica e ha escluso la proroga del Terzo conto al 31 agosto, chiesta dalle Regioni per non mandare in tilt imprese e banche che avevano presentato e finanziato progetti. Tra le più critiche c’è la Puglia, prima in Italia per potenza installata (19,7 % del totale nazionale) e concentrazione di pannelli solari (35,3 kW/kmq). «Il decreto ci riporta indietro sull’obiettivo Ue – dice l’assessore allo Sviluppo economico, Loredana Capone -: avremo aziende con tariffe incentivanti diverse, si ridurrà la quota prodotta e si metteranno rischio migliaia di posti di lavoro». Ottimista la Campania, che non brilla per megawatt installati (80,4), ma da giugno 2010 ha un aumento di autorizzazioni. «Teniamo due conferenze di servizi al giorno – dichiara l’assessore alle Attività produttive, Sergio Vetrella -, il compromesso col Governo è buono. Puntavamo a salvare gli incentivi per mantenere appetibile il settore senza penalizzare gli agricoltori, ora puntiamo su geotermia, bike-sharing e car-sharing elettrici». Resta scettica la Sicilia, seconda al Sud dopo la Puglia per produzione: «Rivedere i criteri degli aiuti ha una logica, ma bisognava far partire le nuove regole da gennaio – dice l’assessore all’Energia, Giosuè Marino -. Ci saranno problemi per le aziende che hanno un piano d’investimenti sin dal 2007, ne abbiamo mille da valutare ancora. Si rischia che l’ok arrivi con regole cambiate». Intanto già 150 aziende hanno fatto ricorso alla Corte di giustizia Ue per risarcimento danni: «Il decreto non recepisce la direttiva europea sulle rinnovabili (2001/77/Ce, ndr), anzi limita lo sviluppo del fotovoltaico», fa sapere Sos Rinnovabili, l’associazione che sta raccogliendo fondi per l’azione legale collettiva anche davanti a Tar e Corte dei conti. Puntano il dito contro le nuove tariffe per tutti i tipi di impianti: ogni sei mesi più basse per i grandi (da inserire nel registro Gse), pochi centesimi in più per i piccoli. Ricorsi anche dai Comuni (si veda la scheda sopra). A spuntarla, finora, sono state solo le Regioni: il loro parere per trasmissione, distribuzione, produzione di energia e delle fonti energetiche strategiche nazionali, è obbligatorio. L’ha stabilito la Consulta (sentenza 165/11), accogliendo parte dei ricorsi di Toscana, Puglia e Provincia di Trento.
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