Pubblicato in G.U. il nuovo Codice della protezione civile: le novità per gli Enti locali

Precisate in maniera più puntuale le competenze dei Comuni, che dovranno approvare il Piano di protezione civile comunale o di ambito

25 Gennaio 2018
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di PAOLA MORIGI

È stato pubblicato questa settimana in Gazzetta Ufficiale il d.lgs. n. 1 del 2 gennaio 2018 che contiene il nuovo Codice della protezione civile(1).
Non siamo certamente al cosiddetto ”anno zero” in questa materia, disciplinata in passato dalla l. 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva a livello nazionale delle attività di protezione civile. La l. n. 225 era poi stata rivista dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 che, ridefinendo in numerosi ambiti le competenze dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali, aveva trattato anche il tema della protezione civile. Vi erano stati anche successivamente altri interventi correttivi ed integrativi.
Ma quali sono le novità contenute  nel nuovo Codice, emanato in attuazione della legge delega 16 marzo 2017, n. 30?
Nella impossibilità di dare conto, in maniera succinta, del contenuto dei 50 articoli che compongono il testo normativo, che va a sostituire la precedente l. n. 225/1992, ci soffermeremo su quelle che appaiono essere le volontà del legislatore e sulle competenze che andranno ad interessare in particolare i Comuni.
Il Codice della protezione civile, che giustamente si preoccupa di disciplinare una materia di grande impatto sul territorio nazionale – colpito in più occasioni da eventi calamitosi anche devastanti – tenta di migliorare i livelli di coordinamento fra le diverse strutture interessate, a vario titolo, alle attività di prevenzione e di pronto intervento. È stato emanato acquisendo i pareri delle competenti Commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato ed è stato condiviso nei contenuti nell’ambito della Conferenza unificata che ha sottoscritto apposita Intesa.

Nuovo Codice della protezione civile: focus sugli Enti locali

Con il Codice si definiscono in maniera precisa le competenze del Dipartimento della protezione civile, delle Regioni, delle Città metropolitane e delle Province, dei Vigili del fuoco, dei Prefetti e dei Sindaci, nonché dei soggetti che a vario titolo(2) possono dare un contributo sia in sede di prevenzione che di gestione delle situazioni calamitose.
Per quanto concerne gli Enti locali è soprattutto l’articolo 12 quello che contiene i riferimenti normativi agli ambiti di competenza. Nell’affermare che lo svolgimento delle attività di pianificazione di protezione civile e di direzione dei soccorsi potranno essere esercitate dai Comuni, anche in forma associata, rispettando le norme di riferimento e i piani previsti dalle leggi regionali, ribadisce che gli enti dovranno provvedere, “con continuità”:
“a) all’attuazione, in ambito comunale delle attività di prevenzione dei rischi di cui all’articolo 11, comma 1, lettera a);
b) all’adozione di tutti i provvedimenti, compresi quelli relativi alla pianificazione dell’emergenza, necessari ad assicurare i primi soccorsi in caso di eventi calamitosi in ambito comunale;
c) all’ordinamento dei propri uffici e alla disciplina di procedure e modalità di organizzazione dell’azione amministrativa peculiari e semplificate per provvedere all’approntamento delle strutture e dei mezzi necessari per l’espletamento delle relative attività, al fine di assicurarne la prontezza operativa e di risposta in occasione o in vista degli eventi di cui all’articolo 7;
d) alla disciplina della modalità di impiego di personale qualificato da mobilitare, in occasione di eventi che si verificano nel territorio di altri comuni, a supporto delle amministrazioni locali colpite;
e) alla predisposizione dei piani comunali o di ambito, ai sensi dell’articolo 3, comma 3,m di protezione civile, anche nelle forme associative e di cooperazione previste e, sulla base degli indirizzi nazionali e regionali, alla cura della loro attuazione;
f) al verificarsi delle situazioni di emergenza di cui all’articolo 7, all’attivazione e alla direzione dei primi soccorsi alla popolazione e degli interventi urgenti necessari a fronteggiare le emergenze;
g) alla vigilanza sull’attuazione da parte delle strutture locali di protezione civile dei servizi urgenti;
h) all’impiego del volontariato di protezione civile a livello comunale o di ambito, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, sulla base degli indirizzi nazionali e regionali.”

Prevenzione e rafforzamento del ruolo dei cittadini

Possiamo precisare tuttavia che il legislatore, dopo oltre venticinque anni dalla entrata in vigore delle prime normative di protezione civile, ha giustamente cambiato l’impostazione delle attività, incentrandole più sulla prevenzione che sugli interventi di emergenza da attivare quando si verificano certi eventi(3).
Infatti, se leggiamo le norme del 1992, riscontriamo che l’art. 15, che trattava delle competenze dei Comuni e delle attribuzioni dei Sindaci, diceva che “ogni Comune può dotarsi di una struttura di protezione civile”, ma non era un’attività obbligatoria. Successivamente gli enti locali sono stati invitati ad adottare dei “piani di emergenza” per fare fronte alle diverse calamità.
Ora, con il nuovo Codice, si afferma invece che gli Enti locali dovranno, sulla base di quanto previsto dall’art. 12, comma 4, approvare con deliberazione consiliare il Piano di protezione civile comunale o di ambito, che andrà redatto sulla base delle direttive emanate in materia dal Dipartimento della protezione civile e dalla Regione, ma che in ogni caso presuppone anche un’attività più incisiva di prevenzione dei rischi e non solamente l’organizzazione degli interventi una volta che la calamità si sia verificata.
Vi è poi un altro aspetto che viene espressamente richiamato e che coinvolgerà direttamente i Comuni. Ci riferiamo al ruolo che cittadini, singoli o associati attraverso il volontariato organizzato, potranno giocare nel favorire il ripristino di situazioni di normalità. L’intero Capo V del Codice è infatti dedicato al tema del volontariato e al suo coinvolgimento e all’art. 35 è prevista anche la costituzione di Gruppi comunali di protezione civile (con un loro responsabile), che dovrà essere deliberata dal Consiglio comunale. La loro presenza sul territorio andrà ben organizzata e coordinata. Per tali Gruppi di volontariato possono essere previste anche specifiche contribuzioni e l’attivazione di corsi formativi e di addestramento per poter disporre di persone preparate nel caso in cui sia necessario dover ricorrere alle stesse.
Il Codice della protezione civile dovrà pertanto essere metabolizzato e compreso: potrà rappresentare per gli Enti locali un’occasione importante per rimodulare una serie di attività, organizzare il da farsi con le risorse (umane e finanziarie) a disposizione e prevenire situazioni di degrado che possono favorire il ripetersi di eventi calamitosi.

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NOTE

(1) Si veda la “Gazzetta ufficiale” del 22 gennaio 2018, n. 17 (che erroneamente aveva attribuito al Codice della protezione civile il n. 224) e quella successiva del 23 gennaio 2018, n. 18, che ha corretto la numerazione del decreto.
(2) Vengono chiamati in causa ad esempio anche la Comunità scientifica e le Università, che possono interagire e fornire supporti a vari livelli.
(3) Gli ambiti di intervento della protezione civile del resto possono essere numerosi, sia a livello di prevenzione che di interventi successivi a calamità. Basti pensare ai rischi sismici, vulcanici, da maremoto, idraulici, idrogeologici, da fenomeni meteorologici avversi, da carenze idriche o da incendi boschivi.

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