Una sforbiciata (rimasta, però, soltanto sulla carta) alle province tratterrebbe nelle casse dello stato italiano circa 370,5 milioni che, includendo anche quelle sopra i due milioni di abitanti, salirebbero a quota 535. E, poiché i costi di produzione dei servizi «si caratterizzano tutti per cifre più elevate nei territori con un minor numero di abitanti», lo stanziamento pro-capite per i Carabinieri passa dai 59 euro in Lombardia ai 69 del Veneto, arrivando a 150 in Calabria, 164 in Sardegna e 176 in Molise, ma a pesare è anche la «propensione all’illegalità» di determinate aree del nostro paese. Eppure, qualche passo in avanti sulla strada del contenimento della spesa pubblica totale si profila, visto che, dal 2008 al 2012, si è ridotta del 3,8% al netto degli interessi. È una carrellata di buoni propositi sulla possibilità di lottare (e vincere) contro le inefficienze nella pubblica amministrazione il rapporto sulla spending review pubblicato ieri sul sito del ministero per i rapporti con il Parlamento, che secondo il titolare Piero Giarda potrà servire in futuro per «avviare la dialettica tra le strutture di governo e i responsabili della gestione dei singoli servizi per la formulazione di proposte di riordino della loro organizzazione produttiva», finalizzate anche al risparmio delle risorse erogate. I cordoni della borsa, in base a quanto emerge dallo studio, potrebbero essere stretti in misura più consistente e valida: ad esempio, nel quadriennio 2008-2012 il blocco del turn over ha già portato a una diminuzione delle retribuzioni reali dei dipendenti pubblici del 5%, però il ministro avrebbe preferito si intervenisse con «programmi e attività, anziché con riduzioni generalizzate» di alcune categorie economiche come i salari, gli acquisti e gli investimenti, che «eludono il giudizio politico» e considerano prevalentemente «la fattibilità di breve periodo». Malgrado l’entrata in vigore della riforma delle pensioni (legge 214/2011), contenente provvedimenti «significativi», l’esborso previdenziale continuerà a crescere in valore assoluto; la spesa pubblica italiana, infatti, è «nel suo totale molto elevata per gli standard internazionali, e la sua struttura presenta profonde anomalie rispetto a quella rilevata» in altre nazioni. Inoltre, gli stanziamenti per la fornitura di servizi pubblici e per il sostegno di individui e imprese in difficoltà finanziaria si confermano sì «inferiori alla media dei paesi Ocse», tuttavia le nostre uscite per interessi passivi e per pensioni si rivelano superiori. La copertura finanziaria per il servizio prestato dalle forze dell’ordine, poi, restituisce un ritratto inconsueto della penisola, caratterizzata da una «elevata variabilità interregionale», per cui le unità operative dell’Arma dei Carabinieri costano in media per abitante 109 euro con punte di 164 in Sardegna e 176 in Molise, zone meno popolose della Lombardia, dove ci si ferma a 59 euro; stesso discorso per la Polizia, che grava sulla collettività per 25,5 euro ad abitante nella provincia di Bergamo, e per ben 358 in quella di Isernia, mentre il valore medio nazionale si attesta sui 85,8 euro. Pesa come un macigno sull’analisi la mancata conversione del decreto legge 188/2012 sul riordino delle province e delle città metropolitane: il risparmio potenziale ottenibile sarebbe potuto arrivare ad oltre mezzo miliardo di euro. Meno cospicuo, invece, il «tesoretto» che sarebbe potuto derivare dai cosiddetti «trasferimenti eliminabili» destinati alle imprese secondo la definizione dell’economista Francesco Giavazzi, consulente del premier Mario Monti, considerando che per lo scorso anno ammonterebbero a 4,7 miliardi con importi inferiori ai valori di cassa misurati per il 2011. Una grossa fetta risulta già «impegnata», ne sarebbe rimasto poco più di un miliardo.
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