La decisione è arrivata in seguito alla decisione del Pdl di depositare in aula al Senato le pregiudiziali di costituzionalità sul decreto 174 che prevedeva il passaggio da 86 a 51 Province.
Il segnale, insomma, era già stato dato: durante le ultime battute del governo Monti, in Parlamento, di riordino degli enti locali non si dovrà neanche parlare.
Dopo i circa 700 emendamenti portati in Commissione e i ricorsi presentati a opera di alcune località che si sono sentite penalizzate dai criteri alla base del riassetto delle Province, dunque, ora arriva anche la pregiudiziale di costituzionalità, a dare il colpo mortale al decreto.
Il provvedimento, infatti, scadrà il 5 gennaio 2013: troppo poco per condurre in porto questa difficilissima riforma, sulla graticola sin dalla sua ideazione, e che adesso tramonta definitivamente.
Senza contare, poi, che a complicare il quadro è in corso un’anticipazione di quella che è già stata annunciata come la crisi definitiva per il governo Monti, tra i distinguo del Pdl e le sicure dimissioni del presidente del Consiglio in seguito all’approvazione della legge stabilità, che dovrebbe avvenire intorno al 20 dicembre, prima del rompete le righe natalizio.
A presentare la pregiudiziale di costituzionalità sul riordino delle Province, il senatore Pdl Oreste Tofani.
E nella tarda serata di ieri, i rappresentanti del partito a palazzo Madama si sono espressi compatti contro il decreto Province. Lo stesso Tofano già a novembre, e dunque prima dell’allontanamento del partito dal governo, aveva avanzato l’ipotesi di una pregiudiziale sul testo.
L’affossamento ormai certo del testo, inoltre, potrebbe rivelarsi una lama a doppio taglio per il Pdl: da una parte, finirebbe per mettere in ansia i mercati già provati dalle ultime ore in rosso con lo spread in forte risalita, mentre, dall’altra, si tratterebbe di un danno di immagine per il Pdl in vista della campagna elettorale.
Ancora una volta, ad uscirne sconfitto è comunque il governo, che auspicava una conversione del decreto in tempi brevi, mettendo le mani avanti in caso di mancata approvazione definitiva, con l’elenco di tutti i possibili malus derivanti da uno stop improvviso al riordino, incluso il caos di gestione e manutenzione della rete stradale e delle strutture scolastiche.
In ogni caso, oggi verrà in ogni caso convocata una riunione dei capigruppo presso il Senato per esaminare le possibili vie di uscita, ma secondo i senatori che ieri sera hanno preso parte alla riunione in Commissione Affari Costituzionali, sono pari a zero le possibilità di poter convertire il provvedimento a causa del numero eccessivo dei sub-emendamenti, pari in tutto a 140.
Laconico, il Ministro Patroni Griffi: ”Il governo ha fatto quello che poteva, ma la situazione non si poteva sbrogliare come del resto hanno confermato questa sera i capigruppo in Commissione”. Insieme al Parlamento “il governo ha fatto un buon lavoro fino alla spending review”, ha spiegato deluso il ministro, “ma poi si sono imposti alcuni ‘giochi in Parlamento”.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento