Finanziaria 2011-2013. E’ iniziato, alla Camera, l’esame del testo approvato in prima lettura al Senato. Qualche riflessione. 25 miliardi di euro di ritagli, 8,5 dei quali a carico delle Regioni. Bagarre di proposte fra cui, ad esempio, riduzione dei costi della politica. Dalla riduzione delle poltrone (sacrosanta) a quella degli emolumenti degli occupanti le poltrone che sopravviverebbero (la grandissima maggioranza). Proposta, quest’ultima, populistica ma assai poco influente sul bilancio generale dell’operazione. Sarebbe assai meglio affermare il principio che più che un risparmio sostanzialmente effimero andrebbe ricercata la ottimizzazione del sistema in quanto a risultati. Da che mondo è mondo il più grande stimolo a far bene è il danaro occorrerebbe creare meccanismi premiali per chi determina, con il proprio operare, qualità e risparmio. Con il corollario che in presenza di risultati veramente apprezzabili sarebbe più che accettabile anche un incremento della retribuzione. Ciò in alcuni casi potrebbe essere oggetto di leggi nazionali, in altri di provvedimenti regionali. A livello regionale si potrebbe ad esempio stabilire che anno per anno una congrua percentuale degli stipendi degli amministratori alla guida di una Regione (magari ridotti di numero) venga accantonata e poi erogata solo nel caso in cui il bilancio di quell’anno evidenzi una amministrazione sana (ponendo le somme eventualmente non spese a riduzione del deficit). Nel caso in cui il consuntivo dovesse risultare corposamente migliore di quanto preventivato si potrebbe addirittura prevedere la corresponsione di una premialità in qualche modo rapportata al risparmio conseguito. Tutto questo, però, dovrebbe riguardare i consiglieri di maggioranza, gli assessori, il presidente. I consiglieri di minoranza dovrebbero al contrario percepire gli emolumenti previsti con decurtazioni o maggiorazioni molto minori in quanto fondamentalmente incolpevoli del malfatto o poco determinanti in caso di successi gestionali. Lo Stato, a sua volta, potrebbe corrispondere un premio alle Regioni che dovessero dimostrare di aver raggiunto obiettivi di interesse pubblico a costo zero (o consistentemente ridotto) pianificando e gestendo operazioni (ad esempio per interventi sul territorio) realizzate con capitale privato. Se del caso avendo legiferato in modo opportuno (con conseguente emulazione reciproca). Il premio potrebbe consistere in una percentuale del risparmio conseguito. Questo indurrebbe una pianificazione e programmazione particolarmente creativa. Che però darebbe risultati concreti solo nelle regioni stimate dai potenziali investitori affidabili, in tutte le loro articolazioni amministrative, per rispetto dei tempi operativi e correttezza dell’operare. A tal fine servirebbero una perfetta aderenza alle specifiche situazioni (flessibilità) e serietà nel decidere, nell’operare, nel valutare i risultati. In altri termini una classe dirigente di qualità fatta emergere da partiti di qualità. Chi accetta la sfida?
Proposte anticrisi
La sfida della Finanziaria
Corriere del Mezzogiorno, BariLeggi anche
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