Processo amministrativo: sì alla riproposizione di domanda su cui il giudice non si è pronunciato

2 Maggio 2024
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Segnaliamo la sentenza Consiglio di Stato (Sez. VII), del 9 aprile 2024, n. 3236. La pronuncia riguarda due questioni di natura processuale inerenti rispettivamente alla riproposizione di domande assorbite in primo grado e alla perentorietà dei termini per il deposito di documenti. Per il Consiglio di Stato, nel caso in cui il giudice di primo grado legittimamente ometta di pronunciarsi su una domanda formulata in primo grado (in caso di assorbimento), la parte ha la duplice strada dell’impugnazione o della riproposizione della domanda in un separato giudizio, senza che possa vedersi opporre la formazione del giudicato, poiché la presunzione di rinuncia di cui all’ art. 346 c.p.c. ha valore solo processuale e non anche sostanziale.

Deposito in giudizio dei documenti

I termini previsti dall’ art. 73, comma 1, c.p.a., per il deposito in giudizio di documenti (fino a quaranta giorni liberi prima dell’udienza) sono perentori e, in quanto tali, non possono essere superati neanche ove sussistesse accordo delle parti, essendo il deposito tardivo di memorie e documenti ammesso in via del tutto eccezionale nei soli casi di dimostrazione dell’estrema difficoltà di produrre l’atto nei termini di legge, siccome previsto dall’ art. 54, comma 1, c.p.a. sicché il differimento dell’udienza, su richiesta delle parti non vale certamente a rimettere in termine per una produzione documentale ormai tardiva.

La casistica

In base alla giurisprudenza, occorre distinguere il caso in cui le domande e le eccezioni proposte in primo grado siano state rigettate, da quello in cui esse non siano state esaminate. Nel primo caso, la riproposizione deve avvenire con la proposizione dell’appello, con le relative e necessarie censure. L’onere della proposizione dell’impugnazione sussiste anche quando una domanda non sia stata esaminata, se in relazione a essa si può predicare una illegittima omissione di pronuncia, la quale rappresenta infatti un vizio di nullità della sentenza che onera all’impugnazione. Nel caso, invece, di omissione di pronuncia legittima, cioè quella che deriva dall’assorbimento, la parte ha la duplice strada dell’impugnazione o della riproposizione della domanda in un separato giudizio, senza che possa vedersi opporre la formazione del giudicato, poiché la presunzione di rinuncia di cui all’ art. 346 c.p.c. ha valore solo processuale e non anche sostanziale (Cass. civ., ord. 5 giugno 2018, n. 14302).

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