Società partecipate, aziende strumentali, consorzi, agenzie ed enti intermedi con diversi nomi e nature. Sono da anni nell’occhio del ciclone di tutti i tentativi di razionalizzazione della Pubblica amministrazione, dal «taglia-enti» di Calderoli nel 2008 alla spending review di Monti del 2012. Ma nell’occhio del ciclone, si sa, il sole splende e il vento tace: e infatti mentre sulla carta si succedevano senza posa tagli, abolizioni, accorpamenti e privatizzazioni, nella realtà tutto rimaneva immobile.
La prossima prova sul campo è in programma entro il 31 dicembre. Per quella data, andranno privatizzate o sciolte le società strumentali che lavorano per Comuni e Province, ma solo per quelli nei territori a Statuto ordinario perché le regole per le Autonomie speciali, oltre a quelle rivolte alle Regioni, sono cadute sotto i colpi della Corte dei conti.
Visti i precedenti, il “successo” dell’operazione è tutt’altro che certo. Ad alimentare i dubbi c’è il fatto che una prima proroga è già intervenuta anche in questo campo, perché secondo la spending review (Dl 95/2012, articolo 4) la privatizzazione delle società strumentali sarebbe dovuta intervenire entro fine giugno, e lo scioglimento a dicembre avrebbe dovuto colpire solo le società non privatizzate in prima vera. La prima metà dell’anno, però, è passata senza partorire dismissioni di sorta, e il solito correttivo parlamentare ha spostato a dicembre anche la prima scadenza. Si vedrà.
Restando al calendario, l’ultimo insuccesso nell’impresa delle privatizzazioni è freschissimo, e risale al 30 settembre. Per quella data i Comuni fino a 30mila abitanti avrebbero dovuto dismettere tutte le loro partecipazioni, e quelli fra 30.001 e 50mila avrebbero dovuto mantenerne una sola. La norma avrebbe dovuto interessare qualcosa come 1.500 società, comprese quelle che svolgono servizi pubblici locali (ma qualche sezione regionale della Corte dei conti è di opinione diversa), ma settembre è finito e fra le società nulla si muove: con il risultato che, tra dibattiti interpretativi e pressioni per nuove proroghe, oggi migliaia di Comuni sono presenti nei cda delle aziende senza una legge che lo permetta.
Il caos, insomma, è parecchio, e anche per questo i tecnici del Governo hanno cominciato a mettere mano a un nuovo intervento (si veda anche il Sole 24 Ore del 10 settembre) per rimettere in fila le regole sui sindaci azionisti e affidatari di servizi locali. La crisi di Governo, passeggera ma intensa, ha ostacolato la strada al provvedimento, che potrebbe però ripresentarsi a breve.
L’idea è collegare il tutto al disegno di legge Delrio, scritto dal ministero per gli Affari regionali e le Autonomie con lo scopo di ridisegnare in modo organico gli ordinamenti locali. I primi passi del provvedimento non sono stati semplici, e hanno incontrato l’opposizione (in parte scontata) nelle conferenze di concertazione con Regioni ed enti locali. L’obiettivo del Governo, però, è di approvare tutto entro il 31 dicembre: una corsa, che però sembra indispensabile anche per mettere al riparo da nuovi attacchi il riordino delle Province, cioè l’altro protagonista immancabile in tutte le spending review di questi anni.
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