Dopo la morte di 43 persone nel crollo del 2018 del viadotto Polcevera di Genova, conosciuto come ponte Morandi, il ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture ha introdotto regole più severe e chiare per assicurare che i ponti vengano ispezionati frequentemente e mantenuti in sicurezza. Nel processo in corso per accertare le responsabilità del crollo, gli ingegneri consulenti della procura hanno detto che del ponte Morandi si sapeva poco: le indagini e le ispezioni fatte nei decenni precedenti erano state inadeguate, mancavano i documenti e addirittura il progetto e i disegni, senza cui è complicato capire se un ponte sta bene oppure no.
La mancanza di documentazione è un problema che riguarda migliaia di altre opere in Italia anche oggi, cinque anni dopo il crollo del ponte Morandi: per questo il ministero ha messo in piedi un sistema per raccogliere tutti i progetti, le ispezioni aggiornate e le informazioni su ponti stradali, ferroviari, cavalcavia e gallerie. Quando i funzionari del ministero hanno iniziato a lavorare a questa enorme e complessa raccolta di dati si sono accorti che prima di esaminare le ispezioni c’era una questione molto più grossa da affrontare: capire quanti sono davvero i ponti in Italia. Al momento, nonostante il grande lavoro, non ci sono ancora riusciti.
I ponti hanno una speranza di vita paragonabile a quella degli esseri umani: con il passare degli anni possono iniziare ad avere problemi dovuti a molte cause, tra cui il materiale con cui sono costruiti, la qualità della costruzione, la natura e l’intensità dei carichi che sopportano. La qualità della manutenzione è molto importante: prima si scoprono i danni, prima si può intervenire e allungare la vita del ponte.
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