La riduzione e il nuovo inquadramento dei prefetti, l’abolizione del Corpo forestale dello Stato, il destino delle polizie provinciali, la riorganizzazione della dirigenza pubblica e la durata degli incarichi, il rafforzamento dei nuovi principi della carta della cittadinanza digitale. Le aree su cui alla Camera scatterà il mini-restyling della riforma Pa targata Madia sono state individuate. Governo e maggioranza sono già al lavoro seppure “sotto-traccia”. Con alcune incognite: la partita sui servizi pubblici locali, che potrebbe riaprirsi nei prossimi giorni, così come quelle sulla riduzione delle Camere di commercio, sui segretari comunali e sulla nuova governance di Inps e Inail. Ma a metà giugno il quadro dovrebbe essere più chiaro. Il Governo punta a migliore il testo ma, soprattutto, ad accelerare il più possibile e a spuntare il “sì” di Montecitorio al più tardi tra il 15 e il 20 luglio, possibilmente anche prima. Il testo dovrà poi tornare al Senato per l’approvazione finale che Palazzo Chigi e il ministero della Pa contano di “incassare” a inizio agosto, prima della pausa estiva per poi dare subito il via alla fase attuativa con il varo dei decreti legislativi collegati alle 13 deleghe del Ddl.
Ma per l’esecutivo centrare questo obiettivo non sarà una passeggiata, anche se l’avvio della discussione generale in Aula è già calendarizzato per lunedì 22 giugno. L’opposizione, anche da sinistra con Sel, è pronta a dare battaglia ed è probabile che prima dell’approdo in Aula del testo si apra la partita sulle pregiudiziali di costituzionalità. Il Governo dovrà fare i conti anche con la minoranza Pd già in commissione Affari costituzionali. Anche se la scelta come relatore di Ernesto Carbone, renziano doc oltre timoniere dei domocratici sulla Pa, dovrebbe consentire all’esecutivo di evitare che i tempi si dilatino a dismisura come accaduto al senato durante il primo passaggio parlamentare del Ddl.
Oggi si concluderà il ciclo di audizioni in commissione Affari costituzionali con l’ultima tornata che vedrà protagonisti, tra gli altri, Regioni, Comuni e Province, il presidente della Corte dei conti, Raffaele Squitieri, e il Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti. E nella stessa giornata dovrebbe essere fissato il termine per la presentazione degli emendamenti da parte dei gruppi parlamentari: quasi sicuramente lunedì 8 giugno ( al più tardi il 9 o il 10 giugno).
La strada in Commissione appare comunque tutt’altro che in discesa. Anche perché alcuni nodi restano delicati. Primo fra tutti quello dei prefetti. Il ministro Angelino Alfano (Ap) ha già chiesto che la norma approvata dal Senato venga modificata anche per tenere conto del ruolo svolto dai prefetti sul terreno dell’immigrazione. Governo e maggioranza stanno già lavorando per affinare il correttivo da approvare. In ballo, oltre alla possibile rinuncia del collocamento dei prefetti nel ruolo unico della dirigenza pubblica, c’è l’entità del taglio da far scattare sulle Prefetture.
Un’altra questione delicata è quella dirigenza. Anzitutto la maggioranza dovrà decidere se confermare la formula dei 4 anni più 2 per la durata degli incarichi prima di passare per un nuovo concorso nella versione uscita dal Senato. È inoltre ormai quasi certo un emendamento per precisare che i dirigenti decadono dal ruolo unico (licenziabilità) non solo per mancanza prolungata di incarico ma anche per essere stati oggetto di valutazioni negative per le mansioni svolte. Sicuro è anche un ritocco per rendere più stringente l’obbligo per le amministrazioni di inglobare nelle banche dati della Pa i loro documenti e di pubblicarli on line. C’è poi il nodo delle polizie provinciali (da congelare o no). Il tutto accompagnato dal pressing su servizi pubblici locali e Camere di commercio. Anche per questo motivo alla Camera c’è già chi scommette che il testo non arriverà in Aula prima di luglio e che sarà approvato solo alla fine dello stesso mese o a inizio agosto.
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