Si può rimanere precari fino a settant’anni, occupare una posizione in una o più graduatorie ed essere assunti di tanto in tanto per insegnare nelle scuole statali di ogni ordine e grado. Un’insegnante precaria, infatti, docente di lettere e latino nei licei e istituti magistrali della provincia di Roma, ha ottenuto dal Consiglio di Stato la conferma del suo reinserimento nella graduatoria per le supplenze, III fascia, classe di concorso AO51, pur avendo superato i sessantacinque anni d’età. In base a una norma, però, che è stata cancellata dal ministro della semplificazione, Roberto Calderoli. Per chi volesse ora seguire le orme della docente di Roma sarà molto più difficile. La graduatoria dalla quale era stata depennata dall’amministrazione scolastica era relativa al biennio 2004-2005, e la sentenza del Consiglio di stato è la n. 764 del 2011, che ha confermato la decisione del Tar del Lazio, sez. III bis, la n. 7346/2005, favorevole all’insegnante. L’esclusione o il successivo depennamento dalla graduatoria deriverebbero dal regolamento per il conferimento delle supplenze e dai periodici decreti ministeriali che ne dispongono l’aggiornamento. Essi stabiliscono che non hanno diritto all’iscrizione coloro i quali compiono entro il 1° settembre dell’anno di riferimento i 65 anni. Se li compiono nel primo anno di vigenza della graduatoria sono depennati con decorrenza dall’anno scolastico successivo. Contro la decisione del Tar, che aveva già deciso in sede cautelare il reinserimento dell’insegnante, il ministero dell’istruzione ha presentato l’appello che ora il Consiglio di stato ha respinto. L’amministrazione, tra gli argomenti a sostegno della sua tesi, ha anche richiamato le norme in materia di cessazione dal servizio del personale della scuola con contratto di lavoro a tempo indeterminato, che pongono a 65 anni il limite di anzianità anagrafica per il collocamento a riposo d’ufficio (art. 1, primo comma, del decreto del Presidente della repubblica del 28 aprile 1998, 351). Se a quest’età un rapporto di lavoro va risolto, non lo si può nemmeno instaurare, è il ragionamento dell’amministrazione. Secondo la ricorrente, invece, e i giudici di Palazzo Spada che le hanno dato ragione, tale disposizione regolamentare, proprio perché destinata al personale della scuola con contratto a tempo indeterminato, non è anche applicabile al personale docente non di ruolo, nei confronti del quale invece deve essere valorizzato lo specifico stato giuridico contenuto nella legge 19 marzo 1955, n. 160. L’art. 24 dispone infatti che «non possono essere conferiti incarichi e supplenze a professori che nell’anno scolastico precedente abbiano compiuto il 70° anno di età». Dunque li possono ottenere anche dopo aver compiuto i 65 anni com’era il caso della ricorrente. Il Consiglio di stato ha così confermato l’annullamento dei provvedimenti amministrativi che decretavano il mancato inserimento dell’in-segnante ma, quanto al regolamento per le supplenze, ha anche confermato che non sussiste la necessità di annullarlo, nemmeno nella parte in cui stabilisce il limite dei 65 anni per accedere ad incarichi di insegnamento a tempo determinato, in quanto esso deve essere interpretato nel senso dell’inesistenza di tale limite. Per dovere di cronaca, occorre ricordare che nel frattempo, imbracciato il lanciafiamme, Roberto Calderoli, ministro senza portafogli per la semplificazione normativa, ha abrogato la legge 160/1955, che ora non si può più far valere (provvedimento n. 70136 in allegato al decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212). Niente paura, tuttavia: chi voglia contestare il limite dei 65 anni può ancora appellarsi alla seconda legge Bassanini, che ha abrogato i limiti di età per la partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni (art. 3, sesto comma, della legge 15 maggio 1997, n. 127).
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