Bari, Firenze, Napoli, Pavia, Piacenza, Roma, Torino, Verona ma anche la piccola Scafati, in provincia di Salerno, sono i nove comuni in pole position per il piano città. È già partita la corsa ad accaparrarsi le risorse che il Governo con il decreto sviluppo, approvato appena venerdì scorso, sta convogliando sulla riqualificazione urbana.
Al traguardo ci sono i due miliardi rastrellati dal Governo e convogliati sul risanamento delle aree degradate, secondo una quantificazione fatta dal ministro delle Infrastrutture Corrado Passera, durante il varo del provvedimento il 15 giugno. Di questi due miliardi, però, il decreto rende subito disponibili solo 224 milioni, provenienti da revoche di programmi di edilizia agevolata e di recupero urbano non spesi e ora destinati al nuovo «Fondo per l’attuazione del piano nazionale per le città». Il resto, oltre a provenire dai cofinanziamenti di Regioni ed enti locali, sarà costituito anche da capitali privati e da risorse del Piano social housing che possono essere «abbinate» al piano città e costituire così un volano per la ripresa dell’edilizia. La corsa degli enti locali è partita già prima dell’approvazione formale. Non appena l’Anci, l’associazione dei comuni, ha messo a disposizione una casella di posta elettronica per le prime, spontanee, candidature (pianoperlecitta@anci.it) sono fioccate le domande da parte di tante realtà che stanno tirando fuori dal cassetto sogni e progetti di recupero di parti del territorio degradate.
Intanto, il pacchetto di nove apripista che va, appunto, da Torino a Bari, sarà oggetto di una prima analisi nella prossima riunione della Cabina di regia, forse già questa settimana. Fino a quel momento però non si conosceranno i dettagli delle domande presentate.
Del resto, la griglia degli obiettivi del Piano contenuto nell’articolo 12 del decreto (si veda anche il Sole 24 ore del 16 giugno) è di per sé abbastanza elastica: la norma parla solo di «riqualificazione di aree urbane con particolare riferimento a quelle degradate». Una definizione nella quale possono rientrare vari interventi: dalla risistemazione di una piazza periferica fino a progetti più ambiziosi, come, ad esempio, a Roma, la demolizione e ricostruzione delle torri di Tor Bella Monaca, vecchio pallino del sindaco Gianni Alemanno.
La novità più significativa del Piano è la spinta centralista, o meglio il ruolo di coordinamento, smistamento, vigilanza e persino di revoca dei fondi assegnato alla Cabina di regia che ha sede al ministero delle Infrastrutture, coordinata dal viceministro Mario Ciaccia, che ha già svolto un primo incontro informale.
Da lì è nata l’idea della collaborazione con l’Anci, che si è offerta di raccogliere le idee e gli spunti che arrivano dal basso. Restano perplesse le Regioni che temono – si legge in una nota diffusa dopo l’esame della bozza del Dl – che «il provvedimento finisca per trascurare completamente le competenze legislative e programmatorie regionali». Temono cioè di essere scavalcate, almeno sul piano delle scelte di pianificazione, da un asse diretto Comuni-Ministero.
Le Regioni sono anche preoccupate per le «scarse risorse finanziarie, in prevalenza già destinate all’housing sociale».
I criteri guida per la scelta degli interventi sono indicati dal decreto:
e immediata cantierabilità;
r capacità di coinvolgere finanziamenti pubblici e privati;
t riduzione della tensione abitativa e del degrado sociale;
u miglioramento delle infrastrutture e in particolare del trasporto urbano;
i miglioramento della qualità urbana.
Nulla però si dice sul livello di approfondimento richiesto: in altre parole, non è chiara la veste che i progetti devono assumere, né lo stato di definizione urbanistica dell’intervento (se serve una variante i tempi potrebbero essere lunghi). Sulla cantierabilità, l’Anci ha precisato che va intesa «in modo elastico, nel senso che costituirà un criterio preferenziale la brevità dei tempi in cui sia possibile avviare le opere». Una volta selezionato l’intervento, tempi e condizioni saranno comunque dettagliati nel nuovo strumento del contratto di valorizzazione urbana che dovrà contenere gli impegni assunti dalla Cabina di regia, da un lato, e dal singolo proponente, dall’altro.
Gli strumenti
LA PROCEDURA
01 | LE DOMANDE
Le candidature dei Comuni sono raccolte in modo informale dall’Anci attraverso la mail pianoperlecitta@anci.it . La raccolta è già avviata da maggio. Non è ancora stato fissato un termine di chiusura perla presentazione delle domande
02 | LA SELEZIONE
È affidata a una Cabina di regia presso il ministero delle Infrastrutture guidata dallo stesso Ministero e composta da rappresentanti dei tanti ministeri coinvolti più Anci, Agenzia del Demanio, Conferenza delle Regioni, Cdp e osservatori dei Fondi per il social housing
03 | LE RISORSE
Sono recuperate dai programmi di recupero urbano, fondi di edilizia scolastica, housing sociale e programmi fermi e dirottate sul Piano città. Dalle revoche si recuperano 214 milioni che potrebbero attivare due miliardi di investimenti
04 | GLI STRUMENTI
Nasce il contratto di valorizzazione urbana promosso dalla Cabina di regia con il Comune interessato: regolamenta gli impegni dei vari soggetti pubblici e privati sull’area da valorizzare
I CRITERI DI SCELTA
01|L’ESTENSIONE
Gli interventi anche se puntuali devono riguardare la valorizzazione integrale di ambiti urbani degradati
02|GLI OBIETTIVI
Gli ambiti operativi devono riguardare: riduzione di fenomeni di tensione abitativa, di marginalizzazione e degrado sociale; miglioramento della dote infrastrutturale; incremento dotazione di attrezzature pubbliche
03|L’INTEGRAZIONE
Gli interventi devono riuscire a integrare gli aspetti edilizi e urbanistici con quelli di finanziamento, del coinvolgimento dei soggetti finanziatori e di tutte le parti sociali interessate
04|IL MOLTIPLICATORE
Le proposte devono attivare risorse economiche e finanziarie attraverso la cantierabilità degli interventi, la messa a valore di patrimonio immobiliare pubblico, il coinvolgimento di operatori privati grazie a incentivi urbanistici (premi di cubature, e così via)
05|LA CANTIERABILITÀ
È criterio preferenziale la brevità dei tempi in cui è possibile avviare le opere
IL NUMERO
224 milioni di euro
Fondi derivanti da revoche di altri programmi dirottati sul risanamento delle periferie
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