La richiesta di ottenere copia della lista degli elettori deve essere adeguatamente motivata; in caso contrario è legittimo il provvedimento con cui un comune rigetta tale richiesta. Il fatto che tale documento sia pubblico non legittima in alcun modo le richieste di accesso generiche. Sono queste le principali indicazioni contenute nella recente sentenza della seconda sezione Tar della Sardegna n. 148/2011. L’im-portanza della pronuncia è data dalla nettezza con cui si stabilisce l’assoluta necessità della motivazione della richiesta di accesso avanzata da soggetti privati, peraltro sulla base delle indicazioni dettate dalla legge n. 241/1990, per come modificata dalla legge n. 15/2005. Ed ancora che tale motivazione deve fare riferimento alle indicazioni dettate in modo assai preciso da parte dello stesso legislatore. Nel caso specifico il comune di Monastir (provincia di Cagliari) ha rigettato la richiesta di ottenere l’accesso alla lista degli elettori presentata da una associazione e motivata con le seguenti considerazioni: «ci servono gli elenchi degli elettori sia per eventualmente agire direttamente nei loro confronti (ogni singolo elettore) per sensibilizzarli sui singoli problemi, sia per tentare d’indirizzarli (in occasione delle elezioni di qualunque tipo), verso candidati e/o partiti, che nei contatti con noi o nelle loro altre manifestazioni, abbiano dimostrato interesse per le nostre rivendicazioni». La sentenza ricorda, in premessa, che le disposizioni legislative da assumere come base di riferimento, oltre alla prima citata legge n. 241/1990, sono costituite dal nuovo testo dell’articolo 51 del dpr n. 223 del 20 marzo 1967, così come modificato dall’articolo 177 del dlgs 30 giugno 2003 n. 196. Quest’ultimo articolo stabilisce in modo espresso che «le liste elettorali possono essere rilasciata in copia solamente per le finalità indicate dalla norma medesima». E tali motivazioni possono essere così riassunte: «Le liste elettorali possono essere rilasciate in copia per finalità di applicazione della disciplina in materia di elettorato attivo e passivo, di studio, di ricerca statistica, scientifica o storica, o carattere socio-assistenziale o per il perseguimento di un interesse collettivo o diffuso». Come si vede, siamo in presenza di motivazioni che sono molto precise. Su questa base, la sentenza ci dice che il comune non può che «entrare nel merito della richiesta e valutare se la specifica finalità del loro successivo utilizzo, dichiarata da parte del richiedente, sia conforme all’attività del soggetto medesimo, nonché se rientri effettivamente tra le ipotesi di cui al citato articolo 177 del dlgs n. 196/2003. Deve infatti ritenersi che sia preciso onere del richiedente di indicare chiaramente e specificatamente nella propria istanza l’uso che intende fare dei dati delle liste elettorali, non essendo assolutamente sufficiente il richiamo alle espressioni generali utilizzate dalla disposizione in esame per indicare le finalità consentite. In sostanza, il richiedente deve indicare chiaramente e specificatamente il concreto uso che intende fare dei dati delle liste elettorali, spettando poi al soggetto che deve applicare la norma (il comune e in seconda istanza il giudice), di valutare e stabilire se tale concreto utilizzo rientra o meno nelle finalità ammesse dalla norma di legge». Nel caso specifico, dall’esame delle motivazioni poste a base della richiesta e delle indicazioni dettate dal legislatore, la sentenza «ritiene che l’utilizzo indicato dal ricorrente risulti astratto e generico e, come tale, non riconducibile alle finalità di legge».
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