Permesso di costruire nell’edilizia privata, arriva il silenzio-assenso entro un massimo di 90 giorni

l 6 Maggio 2011
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Novanta giorni per avere il «permesso di costruire», quello che una volta si chiamava licenza edilizia; i giorni diventano 150 nelle città con più di 100mila abitanti o per progetti particolarmente complessi. Il silenzio-assenso scatta ora per gli interventi edilizi privati più pesanti dopo che la liberalizzazione negli ultimi anni aveva coinvolto tutta l’edilizia minore con l’estensione della Dia (denuncia inizio attività) e della Scia (segnalazione certificata di inizio attività).
Entro i termini previsti dal decreto legge per lo sviluppo varato ieri il cittadino dovrà avere una risposta chiara alla propria domanda: un sì, un no oppure comunque scatterà il silenzio-assenso.
Il termine ordinario per il silenzio assenso si potrà allungare qualora siano necessarie le «interruzioni» previste in due casi: qualora il responsabile del procedimento richieda «modifiche di modesta entità» alla richiesta originaria (l’interessato avrà 15 giorni di tempo per rispondere e integrare la documentazione) oppure qualora siano necessarie integrazioni alla documentazione (in questo caso il termine per il silenzio-assenso riparte dalla data in cui la documentazione viene presentata). Ci potrà essere una sola interruzione del termine, quindi, non si andrà comunque molto oltre i 90 giorni per i piccoli centri e i 150 per le città maggiori.

Le opere interessate
Vediamo, però, la “pratica” dall’inizio. Anzitutto per quali opere sia ancora obbligatorio il permesso di costruire. Il testo unico per l’edilizia (Dpr 380/2001) ha risentito della liberalizzazione e le tipologie per cui il permesso è ancora obbligatorio sono solo tre: nuove costruzioni, ristrutturazioni urbanistiche (si tratta di operazioni di trasformazione di intere porzioni di città come demolizioni e ricostruzioni o riqualificazione di aree dismesse), ristrutturazioni edilizie. Questa terza tipologia si articola però in sei varianti: frazionamento immobiliare (aumento di unità immobiliari), aumento del volume, modifica della sagoma, variazione dei prospetti o modifica delle superfici, cambiamento di destinazione d’uso per i soli centri storici. Si aggiunga che molte regioni ahnno spinto la liberalizzazione edilizia anche oltre gli standard nazionali e alcune di queste tipologie sono realizzabili con la cosiddetta Super-Dia.

La domanda
Dovrà essere presentata allo sportello unico per l’edilizia del comune. Si dovrà allegare anzitutto l’attestazione del titolo di legittimazione a prresentare la domanda (per esempio il titolo di proprietà dell’immobile). Poi gli elaborati progettuali e altri documenti eventualmente previsti dal regolamento edilizio. Infine la dichiarazione di un progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati o adottati, ai regolamenti edilizi, alle norme di settore e in particolare alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio igienico-sanitarie, di efficienza energetica.

L’iter
Dopo dieci giorni lo sportello unico nomina un responsabile del procedimento. Entro sessanta giorni il responsabile del procedimento dovrà notificare una proposta di provedimento, corredata da una dettagliata relazione, con la qualificazione tecnico-giuridica dell’intervento richiesto. Questo termine diventa di 120 giorni nei comuni con oltre 100mila abitanti o per i progetti particolarmente complessi (devono essere definiti così dal responsabile del procedimento). Nei trenta giorni successivi alla presentazione della proposta di provvedimento, il responsabile dovrà presentare il provvedimento definitivo. Qualora l’esito sia di rigetto, altri dieci giorni per motivarlo.

I vincoli sul bene
Il silenzio-assenso non si applica nel caso sull’immobile siano presenti vincoli ambientali, paesaggistici e culturali. In questi casi si segue una procedura diversa. Se il vincolo compete all’amministrazione comunale, il termine per il silenzio-assenso decorre a partire dal rilascio dell’atto di assenso. Ove tale atto «non sia favorevole», decorso il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo del responsabile del procedimento, si intende formato il silenzio-rifiuto. Un margine di dubbio rest qualora l’amministrazione titolare del vincolo non si esprima: decorre comunque il silenzio-assenso? Dallo spirito della norma sembra di poterlo escludere, dalla lettera no.
L’altro caso è quello in cui la titolarità della salvaguardia del vincolo spetti a un’amministrazione diversa da quella comunale, per esempio alla Soprintendenza. In questo caso il responsabile del procedimento dovrà convocare una conferenza di servizi e acquisire lì il parere. Anche in questo caso l’esito «non favorevole» fa scattare il silenzio-rifiuto, mentre la mancata pronuncia (o mancata partecipazione alla conferenza di servizi) non viene esplicitamente prevista.

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