Perdita delle partecipate a carico degli enti locali

Lo prevede la bozza di decreto legislativo attuativo della riforma Madia, che riscrive le regole in materia di società partecipate

6 Ottobre 2015
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Le perdite delle società partecipate costituiranno una zavorra che gli enti locali controllanti dovranno caricarsi sul groppone. Qualora l’esercizio si chiuda con un risultato negativo, le amministrazioni locali dovranno accantonare nell’anno successivo in un apposito fondo vincolato un importo pari alla perdita che non sia stata immediatamente ripianata. L’accantonamento dovrà avvenire in misura proporzionale alla quota di partecipazione. Le somme torneranno disponibili solo quando le perdite verranno ripianate o nel caso in cui la partecipazione venga dismessa, o, ancora, la società venga posta in liquidazione. A prevederlo è la bozza di decreto legislativo, che, in attuazione della legge delega di riforma della p.a. (legge 124/2015), riscrive le regole in materia di società partecipate, raggruppandole in un Testo unico organico. Il dlgs andrà prossimamente all’esame del consiglio dei ministri e costituirà il primo fronte dell’offensiva del governo contro le partecipate «inutili». L’altro sarà contenuto nella legge di stabilità. 

La bozza di T.U. si compone di 25 articoli e fa innanzitutto chiarezza sui requisiti costitutivi e di oggetto sociale che le partecipate pubbliche devono avere. Oltre a essere costituite obbligatoriamente sotto forma di spa o srl, non sarà possibile dare vita a una società per produrre beni e servizi non strettamente necessari per le finalità istituzionali dell’ente. Le p.a. potranno costituire o acquisire partecipazioni in società esclusivamente per:

  • produrre servizi di interesse generale;
  • progettare e realizzare un’opera pubblica;
  • realizzare e gestire un opera in partenership con i privati;
  • autoprodurre beni o servizi strumentali all’ente;
  • svolgere funzioni amministrative;
  • svolgere servizi di committenza ai sensi del Codice appalti.

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