Abbiamo raccolto nella tabella qui a lato le condizioni applicate dai regolamenti comunali a box, posti auto scoperti, magazzini, soffitte e tettoie, nelle città metropolitane nonché in alcuni capoluoghi particolarmente popolosi del Paese. Come è evidente, vi sono Comuni che non pongono alcuna limitazione né alla dislocazione, né al tipo, né al numero, né infine al tipo di utilizzo delle pertinenze: sono Napoli, Salerno, Palermo e Bergamo. Altri limitano invece il numero delle pertinenze che godono dell’esenzione: per esempio Bologna e Torino che ammettono un solo posto auto o box, Padova che ne esenta solo una, Brescia due e Ancona anch’essa due ma differenziate (un solo posto auto e una sola tettoia).
Ancora, Brescia pone un limite di grandezza di depositi e magazzini (40 metri quadrati). Vi sono poi Comuni (Milano, Cagliari, Catanzaro e Bari) che pretendono che le pertinenze siano situate nello stesso edificio o complesso immobiliare dove è posto l’appartamento (quindi niente esenzione per i box sotterranei scavati nella piazza vicina). Altri ancora sono un po’ più flessibili e richiedono che siano situate in fabbricato vicino (Livorno) o a un massimo di 200 (Perugia) o 400 metri (Genova, Verona) dall’abitazione principale. Infine c’è chi esclude i locali a magazzino (categoria C/2) come fanno Verona e Ancona e chi invece “ha in antipatia” le tettoie (categoria C/7, Roma, Livorno e Genova).
Le categorie catastali depennate possono creare paradossi. Per esempio, le cantine non hanno in genere una categoria catastale propria e pertanto non sono accatastate. Ma se un vicino vende (o anche, solo affitta) una cantina a un altro, o il condominio attribuisce locali inutilizzati ai suoi abitanti, occorre accatastare la cantina in C/2 con la conseguenza che alcuni avranno, nello stesso edificio, la cantina tassata e altri no.
Anche l’esclusione delle pertinenze in C/7 può creare problemi. Infatti per un certo periodo il Catasto aveva deciso che i posti auto scoperti andavano catalogati in questa categoria; poi ha cambiato idea. Pertanto il paradosso può essere che uno non paghi nulla per un box e un altro sia costretto a farlo per uno spazio auto delimitato da strisce in vernice, se ha avuto la sfortuna di accatastarlo nel momento sbagliato.
Com’è noto, le pertinenze (e i box, in particolare) hanno in campo fiscale esattamente lo stesso trattamento della casa a cui sono legati: godono dell’aliquota «prima casa» in caso di acquisto (anche successivo), sono esentati dall’Irpef, sono avvantaggiati dalla detrazione fiscale del 36%, senza che sia possibile alcuna distinzione legata alla loro distanza dall’abitazione o alla loro tipologia. L’unica eccezione possibile è quella, appunto, dell’Ici. Se poi sia legittimo limitare il numero, il tipo o l’ubicazione delle pertinenze ai fini Ici, come fanno i Comuni, è tutt’altro che certo. Per esempio il Tar provinciale di Bologna, sezione XII, con sentenza del 24 giugno 2009, n. 76/12/09, ha sancito l’illegittimità del regolamento comunale che limita il numero di pertinenze di un’abitazione principale che possono godere dell’agevolazione.
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