Ai sacrifici del patto di stabilità e delle regole di finanza pubblica devono concorrere tutti. Anche le regioni a statuto speciale. Con le quali va privilegiata la via dell’accordo, ma senza che ciò comporti vincoli per lo stato che, in casi particolare, può derogare a questo principio di concertazione, peraltro non recepito negli statuti dei territori autonomi. Lo ha rimarcato la
Corte costituzionale nella sentenza n. 77/2015 depositata ieri. I giudici della Consulta hanno ritenuto non fondati i ricorsi delle cinque regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano contro le norme della spending review del governo Monti (dl 95/2012). In particolare, nel mirino delle regioni era finita la norma (art. 16 comma 3) che quantifica l’entità del concorso alla finanza pubblica in 600 milioni per il 2012, 1,2 mld per il 2013 e 1,5 per il 2014 e 2015, disponendo che in mancanza di accordo in Conferenza stato-regioni, questi importi venissero accantonati con decreto del Mef sulla base delle spese per consumi intermedi certificate dal Siope.
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