Riforma Madia: lo stralcio del grande percorso di riforma della Pubblica Amministrazione prosegue con il raggiungimento di un altro traguardo di rilievo. È infatti giunta a compimento nella settimana di Ferragosto la riforma delle partecipate. L’adozione definitiva senza modifiche sostanziali ai parametri scritti per separare le società pubbliche che possono continuare a operare da quelle destinate invece a chiusura, privatizzazione o aggregazione si è concretizzata lo scorso 10 agosto. I parametri che individuano le partecipazioni da abbandonare sono rimasti di fatto quelli “rigidi” vergati nella prima versione del testo, approvata ormai sette mesi fa, e le modifiche intervenute in corso d’opera sono servite a ipotizzare meccanismi più razionali di gestione degli esuberi.
Nonostante le numerose resistenze incontrate anche da questo provvedimento, il testo definitivo conferma l’architettura generale della riforma, la quale chiede agli enti proprietari di scrivere entro il termine di 6 mesi un piano di razionalizzazione stabilendo obbligatoriamente l’abbandono delle partecipazioni in aziende che non rispondono a due piani di requisiti. Da un lato ha valore l’ambito di attività: pertanto le amministrazioni pubbliche potranno essere socie solo di spa, srl (anche in forma cooperativa) e società consortili che producono servizi di interesse generale, compresa la realizzazione di reti e impianti, opere pubbliche, beni strumentali o attività di supporto agli enti non profit. Dall’altro lato regna il secondo “pool” di criteri discriminanti: il rispetto della soglia minima di fatturato(1 milione, nonostante le richieste parlamentari di abbassare l’asticella a 500mila euro), il contestuale addio alle società con più dipendenti che amministratori e, fuori dai servizi di interesse generale, alle aziende che hanno chiuso in negativo quattro degli ultimi cinque bilanci.
Il decreto approvato dal Consiglio dei ministri che prevede il taglio delle partecipate pubbliche è “un buon punto di partenza, perché di punto di arrivo si potrà parlare solo quando il taglio di migliaia di partecipate sarà cosa fatta e non soltanto cosa prevista”. Ad affermarlo è stato il viceministro all’Economia Enrico Zanetti.
Il sopracitato piano di razionalizzazione, da adottare entro 6 mesi per non incorrere in una sanzione amministrativa (che può giungere sino a 500mila euro) deve limitarsi a censire le partecipate che entro un anno vanno chiuse, privatizzate oppure aggregate per superare i parametri minimi di fatturato e organici. Entro 6 mesi, anche le società pubbliche “in regola” con i nuovi parametri dovranno effettuare una revisione straordinaria del personale per individuare gli esuberi.
Il provvedimento volto alla razionalizzazione delle partecipate si configura molto articolato: al suo interno sono collocati i margini e limiti per la costituzione di nuove società, oltre al piano straordinario per varare le dismissioni, la gestione degli esuberi e le nuove norme che chiariscono la materia fallimentare. Inoltre per le assunzioni di nuovo personale, alle società controllate viene esteso l’obbligo (previsto fin dal 2008 per le aziende di servizi pubblici locali) di definire con provvedimenti autonomi il rispetto dei principi di trasparenza e selezione pubblica nel reclutamento del personale. In caso di mancata adozione dei regolamenti si applicheranno direttamente i limiti del concorso pubblico previsti per le pubbliche amministrazioni dal Testo Unico del Pubblico Impiego (articolo 35, comma 3 del d.lgs. 165/2001).
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