Parità di genere e intelligenza artificiale nella Pubblica Amministrazione: tra sfide e opportunità di trasformazione

L’intervento del presidente ARAN, Antonio Naddeo, al seminario organizzato da Formez in occasione della Giornata internazionale della donna

17 Marzo 2025
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L’intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando il funzionamento della Pubblica Amministrazione, migliorando i servizi, rendendo più efficienti i processi e supportando le decisioni. Negli ultimi anni, l’adozione di soluzioni basate sull’IA si è moltiplicata: dai chatbot che rispondono ai cittadini 24/7, ai sistemi di data analysis per individuare frodi o migliorare le politiche pubbliche, fino alla gestione automatizzata dei documenti amministrativi.
Questo fermento tecnologico è accompagnato da investimenti significativi. La spesa per servizi ICT nella PA è cresciuta del 30,5% tra il 2021 e il 2022, raggiungendo 535 milioni di euro, con aumenti marcati nella Sanità (+66%) e nelle Amministrazioni centrali (+31%). Il nuovo Piano Triennale per l’Informatica nella PA 2024-2026 prevede un ampio utilizzo dell’IA, con linee guida per un’adozione etica e trasparente. Tuttavia, mentre la digitalizzazione avanza, emergono interrogativi fondamentali sull’impatto dell’IA sull’uguaglianza di genere.
Questi alcuni dei temi di rilievo discussi lo scorso 7 marzo nel seminario “Donne e Intelligenza Artificiale nella PA” organizzato da Formez proprio a proposito di parità di genere e opportunità in ambito Pubblica Amministrazione.

L’impatto dell’IA sulla carriera delle donne nella PA

Come enunciato con chiarezza nell’intervento al seminario di Antonio Naddeo, presidente ARAN, le donne rappresentano il 58,8% dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani, ma solo il 33,8% ricopre ruoli dirigenziali. L’introduzione dell’IA potrebbe accentuare queste disparità. Circa il 57% dei dipendenti pubblici svolge mansioni esposte all’automazione, con un impatto differenziato tra uomini e donne. Se per l’80% degli impiegati l’IA fungerà da supporto, migliorando la produttività, per il 12% – pari a oltre 200.000 lavoratori – potrebbe sostituire mansioni ripetitive, molte delle quali ricoperte da donne, soprattutto nell’area amministrativa.
D’altra parte, l’IA offre anche nuove opportunità lavorative nella PA, come ruoli di data scientist, project manager AI e responsabili etici degli algoritmi. Tuttavia, solo il 16% degli esperti di IA in Europa è donna, e tra coloro con oltre 10 anni di esperienza la percentuale scende al 12%. Per garantire equità, è necessario promuovere l’accesso delle donne alle nuove carriere digitali e vigilare affinché i processi automatizzati di reclutamento e avanzamento professionale non contengano bias discriminatori.

Bias di genere e necessità di un’IA equa nella PA

Gli algoritmi di IA apprendono dai dati disponibili e, se questi contengono squilibri di genere, rischiano di riprodurli. In ambito privato, casi come il sistema di selezione automatizzato di Amazon – che penalizzava i CV femminili – hanno mostrato come l’IA possa amplificare stereotipi inconsapevoli. Nella PA, strumenti di selezione del personale o valutazione delle performance potrebbero presentare rischi simili, escludendo le donne dai percorsi di crescita professionale.
Studi hanno evidenziato errori sistematici nei software di riconoscimento facciale, che identificano con maggiore difficoltà i volti femminili e quelli delle donne di colore. Anche in ambito sanitario, algoritmi addestrati su dati maschili possono risultare meno precisi nel diagnosticare patologie femminili. La trasparenza e l’audit degli algoritmi nella PA sono quindi essenziali per prevenire discriminazioni involontarie.
Per contrastare questi rischi, l’AI Act europeo impone obblighi di trasparenza e monitoraggio sugli algoritmi ad alto impatto nel settore pubblico. In Italia, l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) ha avviato una consultazione sulle Linee Guida per l’adozione dell’IA nella PA, con l’obiettivo di garantire equità e inclusione. Inoltre, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) vincola i progetti ICT pubblici al rispetto di criteri di parità di genere.

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Verso una PA più inclusiva: strategie e raccomandazioni

Per garantire che l’IA nella PA sia un’opportunità per l’uguaglianza di genere, sono necessarie azioni concrete:
– Formazione e aggiornamento delle competenze. Investire nel reskilling delle dipendenti pubbliche per accedere a ruoli digitali emergenti.
– Diversity nei team AI. Promuovere la presenza di donne nei gruppi di lavoro che sviluppano e supervisionano algoritmi.
– Audit algoritmici e trasparenza. Monitorare l’equità degli algoritmi nei processi decisionali pubblici.
Politiche di reclutamento inclusive. Incentivare l’accesso femminile a ruoli tecnici e dirigenziali nel settore ICT pubblico.
– Cultura e modelli ispiratori. Promuovere figure femminili di successo nel settore IA per incoraggiare le giovani generazioni.

L’IA può diventare un motore di innovazione e inclusione nella PA, ma solo se progettata e implementata con attenzione ai principi di equità. Il futuro della digitalizzazione pubblica deve essere costruito su una base di pari opportunità, garantendo che l’intelligenza artificiale non riproduca, ma superi, le disuguaglianze di genere esistenti.

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