Le difficoltà della finanza locale e la necessità di una più stretta condivisione degli obiettivi tra Comuni ed Entrate sono forse tra le principali ragioni per cui la collaborazione all’accertamento delle entrate erariali stenta a decollare. Proviamo a fare un identikit dei problemi, dei vantaggi e delle possibili soluzioni. I problemi aperti La riduzione delle risorse, insieme alla difficoltà di manovrare la leva tributaria in un momento di grave crisi economica rendono la gestione dei bilanci locali molto complessa. Così in una fase in cui prevale l’urgenza di risolvere problemi immediati, quali l’esigenza di garantire i servizi alla cittadinanza e ai soggetti deboli, c’è poco spazio per attività che richiedono logiche programmatorie dai ritorni assai incerti. I vantaggi Al di là della reale entità della remunerazione che i singoli enti ottengono, è molto importante l’effetto annuncio che potrebbe derivarne in termini di prevenzione dei comportamenti evasivi. L’idea di una collaborazione piena tra istituzioni nell’attività di contrasto ai comportamenti scorretti dei contribuenti può infatti trasmettere il messaggio che questa volta si fa sul serio. Senza dimenticare che i Comuni sono l’istituzione più vicina al territorio. Cosa si può fare Occorrono risultati concreti e per raggiungerli si può lavorare a dei correttivi su entrambi i fronti. Certo, l’abolizione dei consigli tributari rappresenta un vincolo in meno perché avrebbero determinato, nel migliore dei casi, una perdita di tempo, se non addirittura un ostacolo al raggiungimento del l’obiettivo. I Comuni dovrebbero, però, innanzitutto provvedere a designare un responsabile del servizio, eventualmente dando vita a una gestione associata della collaborazione in presenza di enti di piccole dimensioni. L’agenzia delle Entrate, da parte sua, dovrebbe attivare canali di comunicazione privilegiata con gli enti locali, fornendo loro interlocutori disponibili. Incontri periodici di confronto e di verifica del l’avanzamento lavori potrebbero risultare utili. Sarebbe inoltre opportuno che tutte le segnalazioni locali vengano “tracciate”, in modo che i funzionari comunali possano rendersi conto delle ragioni che hanno indotto l’Agenzia a scartarne alcune. C’è poi il capitolo segnalazione «qualificata». Se si pretendesse l’applicazione alla lettera di tale concetto molte delle indicazioni fornite risulterebbero prive di riscontro in favore dei Comuni. Una certa elasticità da parte dell’Agenzia consentirebbe invece di mantenere vivo un canale di comunicazione di dati potenzialmente molto fruttuoso. Anche una piena o più ampia condivisione delle banche dati a disposizione dei due soggetti istituzionali risulterebbe di grande utilità. Né guasterebbe la tempestività nei pagamenti delle remunerazioni dei Comuni. È chiaro però che la partecipazione ha una portata strategica ed è quindi destinata a produrre risultati nel mediolungo periodo, anche perché richiede un’attività di intelligence non indifferente nella raccolta ed elaborazione dei dati acquisiti.
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