ROMA – Più che una promessa è una scommessa: effettuare online qualsiasi transazione finanziaria della sanità pubblica con i cittadini e le imprese. E allora il Governo accelera i tempi e impegna da subito asl e ospedali a consentire il pagamento online dei ticket e a consegnare ai pazienti tutti i referti medici via web, posta elettronica certificata e qualsiasi «forma digitale» possibile. E tutto dovrà avvenire quasi a rotta di collo: si dovrà partire in tutta Italia entro sei mesi. Appena centottanta giorni per uscire dall’era geologica della carta e delle code, che soprattutto da Roma in giù sono praticamente la sola realtà con la quale devono scontrarsi i pazienti. Questa la scommessa lanciata con la bozza del «decreto sviluppo» esaminata ieri dal Consiglio dei ministri sotto l’impulso in prima persona del ministro Renato Brunetta, al quale naturalmente non è stato estraneo il suo collega alla Salute, Ferruccio Fazio. Con l’obiettivo dichiarato di «facilitare e semplificare» i rapporti degli italiani col Ssn e di «accelerare il percorso di razionalizzazione e dematerializzazione» delle procedure amministrative delle aziende sanitarie pubbliche. La carta delle disposizioni tecniche di attuazione dei servizi online sarà affidata a un decreto del presidente del Consiglio dei ministri – proposto dai ministeri dell’Innovazione e della Salute, concertato con l’Economia e garantito dal-l’Authority per la privacy – che dovrà essere approvato entro novanta giorni dalla conversione in legge del «decreto sviluppo». Asl e ospedali avranno a loro volta 90 giorni di tempo per applicarlo e mettere davvero a disposizione dei cittadini i servizi di pagamento (ticket e prestazioni varie) online e la consegna dei referti medici in forma digitale, lasciando intatto il diritto dei pazienti di ottenere «anche a domicilio» la copia su carta del referto medico adottato in forma elettronica. Un salto nel futuro, quello proposto dal Governo. Che del resto nella relazione allegata al decreto legge approvato ieri, non si nasconde affatto la sfida che ha davanti e che impone alla sanità pubblica sul territorio di affrontare di petto. E di farlo, tra l’altro, «senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica», che certo Tremonti non avrebbe gradito e neppure ammesso. Ma dietro cui magari ora Regioni e asl cominceranno a farsi scudo. I numeri del Governo dicono che almeno un terzo delle 240 aziende sanitarie pubbliche presentano un tasso di innovazione digitale «abbastanza arretrato», soprattutto perché mancano linee guida e percorsi di innovazione condivisi. In periferia, insomma, spesso non si naviga online. E la webmania per dare servizi è tutt’altro che una mania. E questo nonostante la salute elettronica sia la vera frontiera in tutto il mondo. Uno studio di Confindustria ha calcolato che con l’e-health a regime il Ssn risparmierebbe 12 miliardi, il 9% del budget annuo. Ma gli investimenti in Ict in sanità, secondo un recentissimo studio del Politecnico di Milano, sono «solo» di 920 milioni, concentrati per l’80% al Nord con una spesa pro-capite di 21 euro contro appena 9 euro a testa al Sud. Per non dire della carenza di informazioni sui propri siti (quando li hanno) di asl e ospedali del Sud. Una ragione in più, per il Governo, per promettere proprio prima delle elezioni una spallata al vecchio che non muore mai.
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