L’l’altra faccia del federalismo. Quella in cui, a primo impatto, non sembrano entrare direttamente i costi standard, i trasferimenti agli enti locali e i tributi propri. Eppure a questi aspetti è collegata a doppio filo. È l’efficienza nei procedimenti amministrativi. Perché la gestione di risorse finanziarie con maggiore autonomia chiama in causa direttamente la capacità degli enti locali di garantire la competitività dei servizi erogati e del contesto produttivo all’interno della loro porzione di territorio. In molti casi perché ciò avvenga sarà necessario migliorare le performance sui servizi erogati. In pratica alzare l’asticella, puntando a quelle che sono le best practice in ogni settore. Su dove e come agire, un suggerimento può arrivare dai parametri adottati dagli organismi internazionali (come la Banca mondiale o l’Ocse), ma utilizzati anche nelle ricerche di Banca d’Italia per misurare le differenze tra diversi paesi. Per la realtà italiana nella nuova veste che sarà disegnata dal federalismo fiscale, significa rovesciare difficoltà e ritardi storici, trasformandoli così in un’opportunità. La chiave di volta sarà proprio agire sulla capacità reattiva e sui costi del sistema amministrativo che si riflettono sul cittadino e sulle attività produttive. A che prezzo? Interventi a costo zero o comunque low cost. In gran parte, infatti, conteranno la semplificazione e la razionalizzazione. Nei sette parametri calati o calabili sulle regioni italiane (e per cui è possibile un parallelo a parità di legislazione vigente) ci sono tempi e costi medi per l’avvio di un’attività d’impresa, per il trasferimento di una proprietà immobiliare, ma anche l’attesa per il rilascio di un permesso di costruire o per l’avvio di un appalto pubblico e c’è anche l’indice di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche. Salvo rare eccezioni, gli indici mostrano chiaramente che saranno soprattutto le aree del mezzogiorno a dover colmare la distanza in termini di efficienza. Anche per questo il federalismo fiscale significherà responsabilizzazione degli amministratori locali. Una sorta di chiamata che coinvolgerà tutti i livelli delle amministrazioni territoriali: dai governatori regionali ai sindaci. Il miglioramento delle performance, quindi, andrà conseguito proprio avendo a disposizione per ogni indicatore il parametro di riferimento. A fornire un contributo determinante sarà quella che gli economisti chiamano better regulation. In parole semplici, un “disboscamento” della giungla normativa a livello locale che, tra l’altro, si aggiunge alla già copiosa dotazione di norme, articoli e commi nelle disposizioni statali. Ma questo che impatto avrà sulla competitività? Semplice. Se l’apertura di un’impresa comporta un costo burocratico maggiore di circa il 52% per il Mezzogiorno rispetto al miglior dato nazionale, solo un recupero di questo tempo consentirà a chi esercita un’attività di essere ugualmente competitivo sul territorio nazionale e anche all’estero. Perché è proprio la stratificazione delle disposizioni a creare adempimenti che si traducono in costi e ritardi. Un punto su cui il governo sta mettendo in campo azioni finalizzate alla semplificazione in tutti i livelli territoriali (si veda tra l’altro Il Sole 24 Ore dello scorso 14 giugno). I passi avanti, però, non sono mancati negli ultimi anni. Di recente, l’Ocse ha riconosciuto che alcune regioni italiane (Toscana, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto) hanno predisposto da tempo un sistema di iniziative e strumenti per migliorare la qualità delle regole. Elementi essenziali sono l’analisi dell’impatto della regolazione, la misurazione degli oneri eccessivi, l’avvio di processi di consultazione e di «ascolto» di cittadini e imprese, la digitalizzazione della Pa e l’avvento dell’Ict. A conferma che l’altro terminale su cui impostare la strategia di recupero di efficienza è la macchina amministrativa. Anche semplificando i passaggi normativi e regolamentari sul territorio il ruolo degli uffici resta ugualmente centrale. Per questo, uno dei fattori di accelerazione nei rapporti con il cittadino è la digitalizzazione. L’indicatore specifico che le differenze territoriali sono più manifeste, e quindi la strada da percorrere sarà maggiore per avvicinarsi allo standard attualmente migliore, per i piccoli comuni. La parola d’ordine diventa quindi dematerializzare, anche per velocizzare le procedure. Il che in tempi di austerity finanziaria ha una ricaduta benefica in termini di risparmio. L’ostacolo maggiore da superare è fare in modo che, sia da un lato che dall’altro, ci siano soggetti in grado di dialogare con gli strumenti informatici. E ancora nel 2010 non è un dato così scontato. Forse proprio un simile aspetto mette in luce come la vera sfida per il federalismo sia uno scatto per produrre prima di tutto un cambio di prospettiva: dalla logica del divario a quella del margine di miglioramento.
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