L’Isee perde “per strada” un quarto delle richieste. Nei primi sei mesi del 2015 – da quando cioè, per avere sconti sulle prestazioni sociali, sanitarie e scolastiche è entrato in vigore il nuovo indicatore della situazione economica, che lascia meno spazio ai dati autodichiarati e molto di più a quelli tratti dagli archivi della Pa, anche attingendo alle informazioni bancarie e postali – sono state presentate 2,2 milioni di richieste, contro i 2,9 milioni del primo semestre 2014. In pratica, il 24% in meno. Il vero e proprio crollo delle domande (le Dsu) si registra nelle regioni del Sud: Campania (-45,6%), Calabria (-42,1%), Puglia (-38,4%), Sicilia (-37,5%).
Le dichiarazioni Isee con patrimonio mobiliare nullo (al netto delle franchigie) sono crollate dal 73,7% del 2014 al 18,9% del 2015. Quanto all’impatto del nuovo sistema di calcolo, per il 36,5% dei richiedenti l’Isee aumenta rispetto all’anno scorso. Per il 16,6% è stabile, mentre per il 46,9% diminuisce (o si azzera).
È questa la prima fotografia scattata dal ministero del Lavoro sull’impatto dell’Isee, che è stato riformato (a partire dal Dl salva-Italia del 2011) con l’obiettivo di una maggiore equità nell’accesso alle agevolazioni.
È uno strumento che fa pesare di più, rispetto al passato, la componente patrimoniale: immobili, conti correnti, libretti di risparmio, titoli e così via. E che monitora queste componenti con una serie di verifiche automatiche fatte dagli uffici prima di rilasciare la certificazione, anziché dopo.
I motivi del calo
A spiegare la flessione delle richieste di Isee possono essere almeno due motivi. Il primo è l’effetto di deterrenza determinato appunto dai controlli su conti correnti e libretti di risparmio. Peraltro, il sistema è entrato pienamente a regime da ottobre: l’Inps e l’agenzia delle Entrate sono in grado di accedere ai dati bancari e postali e di verificare in pochi giorni l’insieme del patrimonio mobiliare del richiedente.
Eventuali “dimenticanze” nella dichiarazione sono ora segnalate dal sistema, come precisa Raffaele Tangorra, direttore generale per l’inclusione e le politiche sociali del ministero del Lavoro: «Da alcune settimane – spiega – i dati non dichiarati sono evidenziati al cittadino al momento della richiesta dell’Isee, dandogli la possibilità di rettificare la Dsu». È probabile dunque che la domanda sia presentata sempre più frequentemente, oggi, in caso di effettiva necessità del nucleo familiare.
Il secondo motivo del calo delle Dsu è l’uso ancora limitato del nuovo indicatore nei Comuni, che in buona parte dei casi non hanno neanche ritoccato le soglie per accedere alle prestazioni agevolate, come previsto dalla nuova normativa.
L’obiettivo delle amministrazioni locali sembra quello di monitorare gli effetti concreti del nuovo Isee e di decidere in un secondo momento sull’aggiornamento dei parametri. «In molti casi – spiega Dino Giornetti, responsabile del servizio Isee della consulta nazionale dei Caf – i Comuni vincolano le agevolazioni al reddito o non usano, comunque, in maniera estesa il nuovo indicatore. Se meno prestazioni sono vincolate all’Isee, diminuiscono anche i cittadini che ne richiedono il calcolo».
Il patrimonio mobiliare
La forte emersione dei patrimoni mobiliari può essere giustificata sia dai controlli automatici sia, in parte, dall’abbassamento della franchigia da 15.494 a un massimo di 10mila euro: una maggiore porzione di ricchezza entra dunque nel calcolo (anche se c’è una franchigia aggiuntiva di mille euro per ogni figlio successivo al secondo).
Secondo Fabrizio Escheri, presidente dell’Ordine dei commercialisti di Palermo, il peso più forte di immobili e terreni nel nuovo Isee «può scoraggiare nella richiesta chi è proprietario di patrimoni, spesso frutto di eredità, che considera già in partenza di essere escluso dalle agevolazioni». Il nuovo indicatore considera poi il dato medio della liquidità presente nei conti correnti «ma – aggiunge Escheri – non distingue se le somme sono frutto di indebitamento: molte famiglie hanno fatto ricorso in questi anni al credito al consumo».
Riforma sotto esame
È attesa per il 3 dicembre la sentenza del Consiglio di Stato che potrebbe travolgere l’impianto del nuovo Isee: i giudici devono pronunciarsi su tre ricorsi presentati al Tar Lazio per contestare i meccanismi di calcolo dell’indicatore, che include nel reddito anche le indennità di accompagnamento, le pensioni sociali Inps, gli indennizzi Inail. Se fosse confermata la sentenza di primo grado, che ha dichiarato illegittima questa parte della normativa Isee (articolo 4, comma 2, lettera f del Dpcm 159/2013), il regolamento attuativo dovrebbe essere riscritto.
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