L’Expo a Milano, e non solo, tutte le altre trasformazioni e riqualificazioni urbane dovrebbero essere la fonte di finanziamento per le casse comunali mettendo in grado le amministrazioni pubbliche, in attesa del federalismo fiscale che entrerà in vigore appieno nel 2018, di rimpinguare le loro esigue finanze in maniera tale da poter investire nelle dotazioni urbane, trasporti, infrastrutture. È chiara la ricetta del presidente degli urbanisti italiani, Federico Oliva, numero uno dell’Inu, l’istituto nazionale di urbanistica, che ha chiuso venerdì il XVII congresso nazionale a Livorno con un documento approvato all’unanimità dove si parla anche di risorse e federalismo fiscale. Ma per fare in modo che i processi di trasformazione generino risorse utili per le amministrazioni comunali servirebbe una apposita legge, ha dichiarato il presidente dell’Inu, invocandola e sottolineandone la mancanza. Ma chissà se mai ci sarà a giudicare dalla fine, ingloriosa, che il governo ha fatto fare alla due bozze di riforma urbanistica, perse nelle secche della politica. Come pure la legge stralcio, che giace all’ottava commissione della camera, e della quale non si sa più nulla. Intanto, i piani regolatori hanno mostrato il loro limite e sono stati mandati in pensione e Milano, per prima, ha varato un nuovo strumento di pianificazione urbanistica, il Piano di governo del territorio che prevede strumenti, come la borsa dei diritti edificatori, che erano in nuce nella riforma urbanistica nazionale. Il Pgt di Milano? «È un fatto positivo che dopo 30 anni Milano si sia dotata di un piano urbanistico», ha affermato Oliva, «Ho molte riserve. Lo vedremo alla prova dei fatti. La mia critica è che Milano è una città molto densa, e con problemi di sostenibilità». Riguardo la possibilità di commerciare i diritti volumetrici e di trasferirli da un’area all’altra il numero uno dell’Inu si dice d’accordo, ma ha sottolineato che «anche in questo caso non c’è una norma di riferimento», ha affermato, «solo qualche legge regionale molto vaga. Ci vorrebbe una legge dello stato, perchè la vendita dei diritti volumetrici implica questioni fiscali e giuridica». Secondo Oliva, favorevole al provvedimento, Milano si sta dimostrando, forse, un po’ spericolata in materia. Lo sviluppo urbano ha bisogno di «risorse aggiuntive che devono venire dalla pianificazione», ha sostenuto Oliva, «una fiscalità nuova sulla plusvalenza che deriva dalla trasformazione dei terreni e dal cambio di destinazione d’uso delle aree. È indispensabile una norma di legge che legittimi il reperimento di nuove risorse economiche per la città pubblica attraverso la pianificazione urbanistica, prelevandola dal surplus che le trasformazioni determinano (rendite immobiliari e sovraprofitti); tali risorse devono compensare i costi sociali delle trasformazioni, che altrimenti ricadrebbero sulla comunità in modo non trasparente. Inoltre, va sviluppata una vera autonomia fiscale delle città nel campo delle imposte di scopo a tempo determinato, finalizzate alle dotazioni dei beni comuni urbani; tali imposte devono riguardare sia la città esistente, sia le nuove trasformazioni e fare parte dei programmi e della responsabilità politica del governo delle città. Inoltre, servono pratiche di governance sostenute da elementi di autorevole government in cui siano ridefiniti i confini dei poteri pubblici e si riducano i margini di opache mediazioni politiche. Il costo dell’area», ha continuato il presidente dell’Inu, «incide dal 30-50% sul costo degli appartamenti che vi vengono costruiti. Le operazioni immobiliari trovano dei paletti diversi per regioni, in Lombardia la qualità, ma andrebbe data una forma giuridica a quella che ora è solo una prassi e non diffusa, e che porta anche scompensi, perché non c’è una legge di riferimento». L’Expo, dunque potrebbe essere una risorsa economica anche per le casse comunali? «L’Expo è grande pianificazione urbana pubblica». Si farà una stu, una società di trasformazione urbana? «Mi sembra che non ci siano idee chiare».
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