La crisi economica e finanziaria che ha colpito il mondo imprenditoriale ha comportato, nell’ultimo periodo, una maggiore tolleranza da parte del fisco (Equitalia e agenzia delle Entrate) nel concedere la rateazione delle somme di cui i contribuenti sono debitori. Secondo i dati dell’agenzia delle Entrate diffusi a inizio aprile, i concessionari della riscossione hanno dato l’ok a oltre un milione di domande di dilazione per un importo complessivo di oltre 15 miliardi di euro. Numeri che pesano soprattutto sugli uffici della riscossione, che macinano ogni settimana circa 12-14mila istanze provenienti da contribuenti, imprese e professionisti. L’aumento delle richieste ha portato, negli ultimi anni, a un’evoluzione normativa volta ad agevolare e facilitare la concessione delle rateazioni nelle fasi successive al controllo. L’ultimo intervento normativo, in tal senso, è contenuto nel decreto legge 225/2010 («milleproroghe») – cui è seguita le direttiva del 15 aprile scorso di Equitalia – e concerne la possibilità di non decadere automaticamente dalla rateazione già concessa in ipotesi di mancato pagamento della prima rata o, successivamente, di due rate. Il beneficio riguarda esclusivamente le dilazioni concesse fino al 27 febbraio 2011. In questi casi Equitalia potrà concedere, a richiesta, una proroga per un ulteriore periodo e fino a 72 mesi, a condizione che il debitore comprovi un temporaneo peggioramento della situazione di difficoltà. Il problema di ottenere la rateazione si presenta al contribuente, nella maggior parte dei casi, molto prima di quando giunge la cartella di pagamento. Anzi, spesso, proprio per una serie di difficoltà volte a ottenere la rateazione, prima dell’emissione della cartella, il contribuente è disposto a vedere ulteriormente incrementare il proprio debito (interessi, compensi per la riscossione) e attendere la notifica della cartella da parte di Equitalia. Si tratta di una scelta in molti casi drammatica, che può comportare anche la commissione dei reati di omesso versamento (se le somme non versate concernono l’Iva o le ritenute) ma che spesso è l’unica soluzione per il contribuente per assolvere al proprio debito fiscale. Infatti le altre forme di rateazione, prima dell’emissione della cartella, richiedono per importi superiori a 50mila euro circa la concessione di garanzie che spesso il contribuente non riesce a ottenere dagli enti preposti. Ne consegue la necessità di attendere la cartella e di richiedere la dilazione a Equitalia: questa è, infatti, l’unica possibilità di rateizzare il debito senza alcuna garanzia. I contribuenti che ricevono una richiesta di pagamento a seguito di controlli automatici (articolo 36-bis del Dpr 600/73 per le imposte dirette e 54-bis del Dpr 633/72 per l’Iva) o a seguito di controlli formali (articolo 36-ter del Dpr 600/73) delle dichiarazioni possono rateizzare il relativo versamento. Le rate sono trimestrali e di pari importo. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi al tasso del 3,5% annuo. Il numero massimo di rate trimestrali in cui è consentito ripartire il debito dipende dall’importo da versare: fino a 5mila euro si può pagare in un massimo di 6 rate; oltre 5mila e fino a 50mila euro il numero massimo di rate passa a 20; oltre i 50mila euro il numero massimo di rate resta fermo a 20, ma sarà necessario prestare idonea garanzia, la cui documentazione deve pervenire all’ufficio entro 10 giorni dal versamento della prima rata. Un trattamento a parte viene riservato se la somma da versare è inferiore a 2mila euro. In questo caso è possibile rateizzare l’importo in un numero massimo di sei rate trimestrali, sempre che l’ufficio riconosca la temporanea situazione di difficoltà del contribuente. L’eventuale diniego della rateazione da parte di Equitalia potrà essere impugnato dal contribuente innanzi al giudice tributario. Questa circostanza è rilevante perché inizialmente la direttiva di Equitalia (2070/2008) riteneva che il diniego potesse essere impugnato solo innanzi al Tar, con tutte le conseguenze negative in capo al contribuente stante la difficoltà e, soprattutto, l’onerosità di intraprendere un simile contenzioso. Restano tuttavia alcuni problemi di carattere operativo. Innanzitutto, la cartella per la quale viene negata la rateazione può contenere anche debiti non tributari (ad esempio previdenziali o violazioni al codice della strada). In questi casi è esclusa la giurisdizione delle commissioni tributarie a favore di quella del giudice del lavoro o del giudice ordinario, con la conseguenza che il contribuente è costretto a rivolgersi a vari giudici, e con riti differenti, per la stessa cartella. Si verifica poi, non di rado, che la rateazione venga concessa ma con un numero di rate inferiore a quello richiesto. Di recente la Ctp di Milano ha chiarito che il giudice tributario non è competente a individuare il numero delle rate. Anche i contribuenti che presentano Unico possono rateizzare i versamenti: si possono pagare a rate le somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte, in un numero di rate diverso per ciascuno di essi. I dati relativi alla rateazione devono essere inseriti nello spazio “Rateazione/ regione/Provincia” del modello di versamento F24. Agli importi così rateizzati si applicano gli interessi, da calcolare secondo il metodo commerciale. Gli interessi dovuti a seguito di rateizzazione non devono essere cumulati all’imposta, ma devono essere versati separatamente.
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