Cambi di residenza, di abitazioni all’interno del Comune e costituzione di nuove famiglie in tempo reale, ma non subito.
Nella versione finale del decreto sulle semplificazioni, riapprovato venerdì scorso dal Consiglio dei ministri, spunta un nuovo calendario per una delle regole che nei giorni scorsi hanno ottenuto più fortuna mediatica: per far partire davvero la procedura ultra-veloce, che certifica il cambio di residenza entro due giorni dalla richiesta, il Governo si dà tempo 90 giorni (il conto alla rovescia scatta dalla data di pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale» del decreto sulle liberalizzazioni). In questi tre mesi, il ministero dell’Interno e quello della Pubblica amministrazione dovranno scrivere un regolamento per semplificare e «rendere compatibili» le procedure generali dell’anagrafe, scritte nel Dpr 223/1989.
I tempi supplementari nascono dall’esigenza di evitare il rischio di una «doppia esistenza» burocratica del cittadino che cambia Comune di residenza, ma anche di chi costituisce una nuova famiglia oppure si trasferisce senza superare i confini del Comune. Le questioni più delicate sono due: il Comune di destinazione, con le regole attuali, ha 45 giorni di tempo per effettuare tutti i controlli del caso e validare la richiesta di cambio di residenza, ma se gli effetti dell’istanza decorrono in automatico dopo due giorni dalla sua presentazione l’affacciarsi di sovrapposizioni diventa concreto. Con la conseguenza, per esempio, che chi si è trasferito continui a usufruire di bonus economici nel Comune che ha abbandonato o addirittura, per chi trasloca in periodi di elezioni, che si trovi a essere residente (e votante) in due Comuni. La previsione della prima versione del decreto, che imponeva al Comune di origine di bloccare automaticamente tutti gli effetti della vecchia residenza in tempo altrettanto reale, non è stata considerata sufficiente a evitare il rischio-doppioni.
Anche perché la rete telematica delle anagrafi abbraccia ormai quasi tutti i Comuni (è iscritto il 97% degli enti, ed è attivo con gli aggiornamenti dei dati il 93%), ma gli incroci e le verifiche in tempo reale con la nuova normativa sono da testare sul campo. Soprattutto, sono da armonizzare le procedure e i tempi dei controlli che sono obbligatori per i Comuni che “accolgono” il nuovo residente.
Nel frattempo, sempre sul versante delle verifiche sulle diverse situazioni fotografate dagli uffici, le burocrazie locali devono fare i conti anche con gli effetti della «decertificazione» prevista nella legge di stabilità. Il divieto di chiedere certificati che provino «stati, qualità personali e fatti», imposto dall’articolo 15 della legge 183/2011, impone infatti di creare una rete di dati condivisibili (in termini di informazioni, ma anche di formati elettronici) con i vari ministeri a cui gli enti dovranno rivolgersi per ottenere ciò che fino a ieri chiedevano direttamente ai cittadini. La conseguenza più diretta è una nuova spinta alle autocertificazioni: il Comune di Roma, per esempio, ha messo online 20 casi di «dichiarazioni sostitutive» di certificati (dall’esistenza in vita al titolo di studio) e dieci diverse «dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà», da utilizzare per casi più “complessi” (dal pagamento tardivo di assegni alle dichiarazioni di «copie conformi»). Resta da capire il grado di semplificazione effettiva per i cittadini se una foresta di moduli per l’autocertificazine sostituisce il vecchio labirinto dei certificati.
I punti chiave
01 | DUE GIORNI
Con le nuove regole gli effetti giuridici del cambio di residenza decorrono dall’atto della dichiarazione, e l’iscrizione va effettuata dal Comune entro due giorni dalla richiesta
02 | I CONTROLLI
I Comuni hanno oggi 45 giorni di tempo per effettuare le verifiche collegate al cambio di residenza
03 | IL REGOLAMENTO
Il Governo ha 90 giorni per uniformare le regole evitando il rischio di «doppie residenze»
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