ROMA – Prima i ballottaggi, poi una verifica ad ampio raggio con la Lega anche sull’agenda economica per dare il via a una nuova fase per lo sviluppo. Un percorso che sarà valutato e discusso nei prossimi giorni dallo stato maggiore del Pdl ma che già ieri sera ha fatto da sfondo al vertice a Palazzo Grazioli convocato da Silvio Berlusconi per fare il punto della situazione dopo il primo turno delle amministrative e decidere la strategia per la seconda tornata. Il premier ha ribadito che il verdetto delle urne non mette in pericolo il Governo né compromette l’esito della legislatura, ma non è rimasto insensibile al segnale arrivato dagli elettori. Nello stesso Pdl sono tornati a emergere diversi malumori per la mancanza di un’iniziativa più energica per dare maggior spinta allo sviluppo e favorire la ripresa, magari con un’accelerazione di interventi già abbozzati su infrastrutture, fisco e Mezzogiorno, senza mettere a repentaglio la linea del rigore sui conti pubblici, che tanti consensi ha riscosso in Italia e in Europa. Al responso fin qui non positivo delle urne, del resto, vanno aggiunti i primi dati sulla crescita d’inizio anno che si sono rivelati tutt’altro che incoraggianti: il Pil italiano nel primo trimestre del 2011 si è fermato a quota 0,1% contro l’1,5% della Germania e l’1% della Francia. Anche per questo motivo nel Pdl c’è chi chiede di verificare se c’è la possibilità di rafforzare il decreto sviluppo, da ieri all’esame della Camera, o di aggiungere qualche intervento mirato nel pacchetto di interventi che vedranno la luce a giugno per realizzare la “manutenzione” dei conti pubblici per 3-4 miliardi annunciata dal ministro Giulio Tremonti. Una “manutenzione” indispensabile per mantenere in ordine i fondamentali di finanza pubblica. La linea del rigore di Tremonti non è in discussione, così come non è in discussione la necessità di completare al più presto l’attuazione del federalismo, caro a Umberto Bossi. Per Berlusconi e il Pdl occorrerebbe però dare nuove risposte in chiave sviluppo. A cominciare dalle infrastrutture e dal Mezzogiorno. Del resto non più tardi di sabato scorso è stato lo stesso ministro dell’Economia ad affermare a chiare lettere che il problema resta il Sud, come dimostra l’incapacità di spendere i fondi Ue a disposizione. Alcuni degli interventi contenuti nel decreto sviluppo, come il credito d’imposta per la ricerca e le assunzioni nel Mezzogiorno, vanno già in questa direzione. L’eventuale verifica dovrà servire a individuarne altri e a valutare nuovi interventi per facilitare la realizzazione di opere pubbliche. L’obiettivo insomma è quello di aggiornare l’elenco delle priorità dell’agenda economica. Un elenco in cui trovano già posto la rapida approvazione del decreto sviluppo e la definizione della riforma fiscale. Il Dl ha cominciato ieri il suo cammino a Montecitorio dove il confronto si concentrerà, oltre che sugli incentivi per ricerca e assunzioni al Sud, sul pacchetto di semplificazioni per appalti e pubblica amministrazione. L’orientamento di partenza della maggioranza era di non apportare modifiche al decreto, ma è chiaro che a questo punto non sono del tutto esclusi correttivi per tentare di arricchire il provvedimento con ulteriori interventi a costo zero. Sulla riforma fiscale Tremonti ha fin dal primo momento stabilito una precisa tabella di marcia: chiedere nell’autunno di quest’anno al Parlamento la delega per poi varare entro la fine del 2012 i primi decreti attuativi per avviare la riduzione della pressione fiscale e consegnare ai contribuenti un sistema tributario più semplice e snello. I quattro tavoli voluti dal ministro su spesa pubblica, sommerso, detrazioni e sulle sovrapposizioni tra fisco e previdenza sono in dirittura d’arrivo. È probabile che, una volta pronti dossier e proposte, il premier torni alla carica per accelerare il varo della riforma, chiesta a gran voce dalle parti sociali. E un’accelerazione potrebbe essere data anche alla riorganizzazione della pubblica amministrazione. Da sciogliere c’è anche il nodo delle liberalizzazioni. Il disegno di legge annuale sulla concorrenza, con le misure su benzina, assicurazioni e farmaci, è fermo ai blocchi da un anno: dopo il tentativo fallito di inserirlo nel decreto sviluppo, il governo doveva individuare un nuovo veicolo legislativo per metterlo in moto. Una scelta che non dovrebbe essere ulteriormente ritardata.
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