ROMA – Il forte rafforzamento del nuovo patto di stabilità della Ue, imposto dalla crisi sul rischio sovrano, non dovrà limitarsi all’introduzione di meccanismi automatici, soprattutto sanzionatori, collegati al livello e all’andamento del debito pubblico/Pil. Se così fosse, se le novità dovessero concentrarsi sul solo indebitamento, la riscrittura del patto si tradurrebbe in un potenziamento dei vecchi criteri di Maastricht, riproponendo un modello che non ha funzionato nell’evitare e nel prevenire la crisi. Oltre al debito pubblico, il nuovo patto dovrà tener conto «inequivocabilmente» di altre varianti, che potranno giocare a favore o a sfavore dello stato sotto osservazione, senza lasciare spazi troppo ampi all’interpretazione dei singoli stati: dalla sostenibilità del debito pensionistico alle dimensioni del debito privato, dalla competitività e la bilancia dei pagamenti alla solidità del sistema bancario. È questa la posizione che l’Italia assieme ad altri paesi sosterrà lunedì prossimo a Bruxelles in una riunione straordinaria della task force intergovernativa che sta lavorando alla stesura del nuovo patto e alla quale parteciperà il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Il vertice è stato convocato d’urgenza ieri dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, per anticipare la presentazione mercoledì della bozza di proposte della Commissione (si veda Il Sole-24 Ore di ieri): bozza incentrata su una lunga serie di interventi soprattutto sanzionatori ma anche preventivi per controllare essenzialmente il debito/Pil. Stando a fonti bene informate, il testo della task force, e anche quello della Commissione, dovrebbero comunque prevedere altri criteri, oltre a debito e deficit, per consentire una valutazione complessiva sullo stato delle finanze pubbliche e delle economie dei paesi Ue. Il debito privato e la salute delle banche dovrebbe rientrare tra i nuovi parametri, anche se la Germania e altri stati nordici (Olanda, Finlandia ecc…) intendono conservare l’enfasi sul debito pubblico: le nuove varianti potrebbero rientrare nel calcolo, ma come attenuanti o aggravanti. L’Italia vede con preoccupazione il varo di un nuovo patto incentrato sul debito/Pil, perché Maastricht è già fallito ma anche perché i vincoli allo studio della Commissione sarebbero molto stringenti per l’Italia (tetto alla spesa pubblica, entità dell’avanzo primario, velocità di riduzione del debito/Pil…). Secondo il senatore Pd Paolo Giarretta, tuttavia, l’Italia sarà chiamata a pagare per i suoi ritardi e i suoi errori. «La spesa corrente italiana è salita mentre il Pil è sceso – ha detto – l’avanzo primario è tornato in negativo nel 2009 e il risparmio sulla spesa per interessi l’anno scorso non è stato usato per tagliare il debito né per finanziare investimenti ma è andato sprecato in spesa non produttiva». Per Luigi Speranza, capo economista di Bnp Paribas, Maastricht ha dato prova che le sanzioni meccaniche e punitive creano tensioni politiche e non funzionano perché quando sono troppo severe finiscono per aggravare le situazioni di crisi: per questo tendono a non essere applicate e quindi sono poco credibili. Speranza ritiene invece che il nuovo patto dovrà rafforzare l’Europa, anche con meccanismi di cessione in parte della sovranità nazionale a favore di politiche centralizzate di bilancio e di crescita. Favorendo le riforme strutturali nei paesi che ne hanno più bisogno e lasciando al mercato, bene informato in un contesto di massima trasparenza, il suo vero ruolo sanzionatorio, quello che per primo fa scattare l’allarme sulle inadempienze delle politiche economiche e fiscali.
Non solo debito nel nuovo Patto
Criteri Ue – Il Mef teme la stretta di Bruxelles
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