NelleRegioni ripartono gli aumenti Irpef

Lazio, Piemonte e Molise raggiungono i nuovi tetti massimi concessi alle aliquote da quest’anno

Il Sole 24 Ore
3 Febbraio 2014
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Almeno mezzo miliardo in più quest’anno e un altro mezzo miliardo già messo a bilancio dal 2015, anche se prima di allora il conto potrà aumentare parecchio, con le varie finanziarie che impegneranno le Regioni in autunno. Dopo la botta statale di fine 2011, quando il Governo Monti aumentò per tutti l’addizionale Irpef regionale per compensare i tagli aggiuntivi assestati ai bilanci territoriali nel decreto «salva-Italia», l’Irpef dei Governatori torna a essere vivacizzata dalle scelte autonome delle varie amministrazioni. E l’incrocio pericoloso tra il federalismo fiscale, che alza di anno in anno i tetti delle addizionali, e le regole sblocca-pagamenti, che permettono di trovare proprio nel Fisco sui redditi i soldi per pagare le anticipazioni statali, produce gli effetti temuti alla vigilia. Non per tutti, naturalmente, perché a far muovere l’Irpef regionale è la febbre dei bilanci e a pagare sono i contribuenti che abitano nei territori più in difficoltà. A cambiare, comunque, sono le regole generali dell’Irpef locale, che da quest’anno vede salire il proprio limite massimo (escluse le super-aliquote per il deficit sanitario) dall’1,73% al 2,33% per arrivare al 3,33% dal 2015: una regola, scritta nel 2011 in un decreto attuativo del federalismo fiscale (Dlgs 68/2011) con un’entrata in vigore a scoppio ritardato, che se applicata a tutti potrebbe portare il gettito dell’Irpef regionale oltre i 24 miliardi di euro, ben oltre il doppio dei quasi 11 miliardi incassati oggi.

L’Irpef regionale, comunque, torna a schizzare in alto da nord a sud. Piemonte e Liguria hanno aumentato le aliquote dal 2014, in Molise il ritocco (che si accompagna anche con la super-aliquota confermata per tamponare il maxi-deficit della sanità, come accade in Calabria) rimodula l’intera architettura delle aliquote, concentrando i rincari sui redditi più alti, e lo stesso accade in Umbria, mentre nel Lazio sono stati più previdenti e hanno già deciso che al primo aumento del 2014 si aggiungerà un secondo rincaro a partire dal 2015, mantenendo l’addizionale regionale ancorata ai tetti massimi previsti dalla legge. In totale, i conti con le nuove aliquote riguardano 9,2 milioni di contribuenti, il 22% del totale, mentre Toscana e Abruzzo (altri 3,7 milioni di contribuenti) hanno visto la loro imposta regionale crescere già nel 2013.

Il primo propulsore del nuovo Fisco regionale, come accennato, è il Lazio, che ha deciso di sfruttare in pieno tutte le “opportunità” messe sul piatto dal decreto attuativo del federalismo fiscale (Dlgs 68/2011).

L’addizionale del Lazio, quindi, si attesta quest’anno al 2,33% ed è già destinata a volare al 3,33% dal 2015, con una doppia mossa che porterà 239 milioni in più nel 2014 e 650 milioni dal 2015. E visto che il 48% dei cittadini del Lazio vive nel comune di Roma – altro primatista in fatto di pressione fiscale con l’aliquota del 9 per mille che ha rischiato di volare al 12 per mille secondo il progetto del «salva-Roma» poi naufragato -, sui contribuenti l’effetto combinato dei problemi di bilancio delle due amministrazioni locali diventa deflagrante, perché tra Regione e Comune l’Irpef locale arriverà a quota 4,23%, che significano 1.269 euro all’anno su un reddito da 30mila: nei territori più “fortunati” lo stesso reddito paga a Regione e Comune 369 euro, cioè meno di un terzo, senza contare i casi limite della Provincia autonoma di Bolzano, dove le detrazioni arrivano anche ad azzerare l’imposta per chi ha figli. Nel Lazio le “agevolazioni” sono assai più limitate ed evitano gli aumenti ai redditi fino a 15mila euro e a quelli fino a 50mila euro se ci sono tre figli a carico. Ma la manovra del Lazio non si è fermata qui, e per puntellare i conti ha introdotto l’Iresa (Imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili) e rimodulato una serie di tasse sulle concessioni regionali. Il primato del Lazio si spiega con i problemi di bilancio, aggravati dalle contestazioni della Corte dei conti, secondo cui nel 2012 (con la Giunta Polverini) l’anno si è chiuso con un deficit regionale da 6,5 miliardi, che manda fuori rotta anche gli equilibri successivi. Obiezioni della magistratura contabile sono arrivate anche in Piemonte, dove il problema è stato poi oscurato dalle inchieste sui rimborsi ai consiglieri e dalla sentenza del Tar che ha annullato le elezioni vinte da Roberto Cota. I bilanci, però, non cambiano con le urgenze del momento, e infatti il Piemonte è la seconda grande Regione a mettere mano alle aliquote Irpef, con una scansione di aumenti che tutela in parte i redditi fino a 28mila euro e schiaccia verso l’alto le richieste a tutti gli altri (sopra i 28mila euro l’aliquota è del 2,31%, sopra i 75mila è del 2,33%, con una scelta che complica la vita ai sostituti d’imposta più che alleggerire le imposte ai contribuenti). In Liguria, invece, la manovra è più contenuta: alza dall’1,23% all’1,73% l’imposta sui redditi fra 20mila e 28mila euro.

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