Dagli incassi attuali dei musei statali come gli Uffici e l’Accademia non si preleva neppure un euro. Piuttosto, approfittando della nuova “Card musei” ormai in arrivo, si aumentano i biglietti, che sono ancora molto al di sotto della media europea. E il surplus viene poi in parte devoluto al Comune. Ad una condizione, che i soldi così trovati vengano spesi per la cura della città e dei servizi turistici. È questo il meccanismo di «compartecipazione» saltato fuori dall’incontro tra il ministro Sandro Bondi e il sindaco Matteo Renzi. Un meccanismo già discusso il giorno prima tra Bondi e la delegazione Pdl guidata dal parlamentare Gabriele Toccafondi. Senza però parlare ancora di cifre. A queste devono pensarci i “tavoli tecnici” decisi proprio durante l’incontro Bondi-Renzi: è compito delle sovrintendenze, dei dirigenti ministeriali e comunali stabilire il costo della “Card”, l’ammontare del surplus e la quota parte che spetta al Comune. Così che proprio i “tavoli tecnici” saranno il vero banco di prova. Offrendo la disponibilità per un meccanismo di “partecipazione” del genere, il ministro Bondi ha implicitamente riconosciuto per la prima volta il principio della condivisione. Ma solo l’applicazione concreta, come tiene a ribadire Palazzo Vecchio, può dire se nei rapporti città-Stato è stata davvero aperta una pagina nuova: «Ci vorranno solo pochi giorni per capire se è davvero così», ha del resto spiegato lo stesso Renzi ai suoi collaboratori. «Dividere gli introiti? Circa il 20 per cento degli introiti derivanti da tutti i musei finisce a Roma e sarebbe meglio se la quota di spettanza comunale venisse tolta da quel 20 per cento. Altrimenti Renzi finirebbe per dare alla città togliendo risorse che già vengono reimpiegate sulla città», dice Franca Falletti, la direttrice dell’Accademia. «Non ho ancora elementi per valutare, a quanto risulta già lunedì presenteremo la nuova Card unica per i musei e per il momento tra musei comunali e statali c’è un’ipotesi di lieve rimessa per noi perché in alcuni musei restrebbe a noi meno del 50 per cento. Questa è già una forma di compartecipazione», aggiunge la soprintendente al polo museale Cristina Acidini. La via d’uscita non può che essere che la divisione del surplus. Se per esempio l’ingresso a Palazzo Vecchio costa 6 euro e agli Uffizi 6,5 (contro i 20 del Louvre), solo un Card a 15 euro può garantire un “di più” sul quale calcolare la quota comunale. Per non penalizzare nessuno il meccanismo non può che essere di questo tipo. E se messo in pratica, la Firenze mèta consumistica del turismo mondiale, potrà finalmente avere quello che da anni chiede: risorse aggiuntive per la manutenzione di una città che ogni anno aumenta di dieci e più volte la sua popolazione per il turismo. Una linea sulla quale anche il Pdl si trova d’accordo: «La nostra rimane un’opposizione intransigente alla giunta Renzi, ma sul bene di Firenze come si è visto siamo pronti a fare la nostra parte», dice il deputato e coordinatore fiorentino Toccafondi. «Siamo d’ac-cordo a trovare una soluzione anche economica e a vincolare le nuove risorse per la spesa dei servizi turistici», aggiunge.
Musei, il patto Renzi-Bondi biglietti d’ingresso più cari
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