Municipalizzate, que viva la Casta

Gli effetti del sì ai referendum sull’acqua visti da sinistra: Bassanini, Lanzillotta e Morando

Italia Oggi
14 Giugno 2011
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La casta dei politici nelle municipalizzate avrà vita lunga. Gli investimenti necessari per modernizzare la rete dei servizi pubblici locali non saranno possibili. Potrebbe aumentare il debito pubblico. E i tanto agognati investitori esteri resteranno al di là delle Alpi. Sono gli effetti pressoché certi del sì al referendum sull’acqua, che in verità riguarda anche altri servizi locali, secondo esperti ed economisti vicini alla sinistra e al Partito democratico. Il più chiaro e il più netto è stato il costituzionalista Franco Bassanini, ex ministro diessino della Funzione pubblica e soprattotto attuale presidente della Cassa depositi e prestiti «Nei tre settori coinvolti dal referendum, acqua, rifiuti e trasporti, sono previsti investimenti di 100 miliardi di euro in dieci anni. Sono 7 punti di pil», aveva ragionato qualche giorno fa. «Il paradosso», aveva aggiunto Bassanini, «è che se vince il referendum gli investimenti ci vengono bloccati dal patto di stabilità interno. Per forza poi il Paese non cresce». «Infatti se vince il referendum», aveve previsto Bassanini, «le società che gestiscono i servizi idrici, come l’Acquedotto Pugliese, resteranno pubbliche. Questo vuol dire che se la Cassa depositi e prestiti eroga un finanziamento a quelle società, Eurostat lo contabilizza nel debito pubblico facendo scattare la tagliola del rigore. Un disastro per il paese». Sulla stessa lunghezza d’onda c’è un altro ex diessino come Enrico Morando, ora esponente di rilievo dell’area veltroniana del Pd. Ecco come aveva sintetizzato nei giorni scorsi l’effetto in termini economici della vittoria del sì alla seconda domanda referendaria sull’acqua che stabiliva il livello delle tariffe per remunerare il servizio: «Blocco dell’impiego di capitale proprio, tutto a debito, con leve finanziarie lunghissime; le banche diventerebbero il soggetto economico che domina la politica degli investimenti nel settore; il debito pubblico implicito (ed esplicito) aumenta, a carico delle generazioni future». Anche dalla rivista dalemiana Italianieuropei negli scorsi giorni sono giunte riflessioni ponderate. A scriverle è stato Claudio De Vincenti, in passato consigliere economico del viceministro delle Finanze, Vincenzo Visco, già stimato presidente del Nars (il comitato tecnico sulle tariffe regolate che faceva parte del ministero dell’Economia). De Vincenti in un saggio sull’ultimo numero di Italianieuropei, edito dall’omonima fondazione di Massimo D’Alema e Giuliano Amato, ha scritto: «Dietro la bandiera dell’acqua pubblica il primo quesito punta a tornare, non solo nel settore idrico, ma anche in quelli dei rifiuti e dei trasporti, alla mera gestione diretta dei servizi da parte dei comuni, peraltro tuttora prevalente». De Vincenti non ha lesinato critiche dirette al Pd, oggi trionfante per la vittoria del sì: «Il referendum punta a liquidare i tentativi avviati dai governi di centrosinistra per portare i servizi pubblici locali a una gestione industriale orientata all’efficienza e superare finalmente forme di gestione dei servizi che sono finite nel vicolo cieco di un drammatico fallimento». E proprio da un’esponente di rilievo del riformismo di centrosinistra come Linda Lanzillotta, già ministro degli Affari regionali nel secondo governo guidato da Romano Prodi, erano arrivate considerazioni sul rischio di una conservazione della «casta di politici nelle municipalizzate» in caso di vittoria referendaria. Infatti, ha ricordato la dirigente dell’Api rutelliana, è un «referendum salva casta». La casta, secondo Lanzillotta, è quella composta dai vertici delle ex municipalizzate nominati dagli enti locali che vogliono conservare poltrone e rendite di posizione. Quella «casta», ha aggiunto l’ex ministro prodiano, «che blocca la liberalizzazione non soltanto del servizio idrico ma di tutti i servizi pubblici locali, dall’acqua ai trasporti fino ai rifiuti».

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