«Stop, altrimenti dico ancora stop!». La vecchia battuta, che ironizzava sui bobbies inglesi disarmati e quindi impossibilitati a dire «fermo o sparo», potrà presto adattarsi anche ai vigili italiani. O, meglio, ai Comuni chiamati a riscuotere le loro multe, insieme a Ici, Tarsu e altre imposte comunali. «Gentile cittadino, paghi la multa, altrimenti fra sei mesi le riscrivo e le richiedo di pagare la multa».
Potrà evolversi più o meno in questi termini la riscossione dei sindaci, se passerà l’emendamento firmato dai relatori al Dl sviluppo (Maurizio Fugatti, della Lega, e Giuseppe Marinello, Pdl) che, fra i tanti interventi, vuole impedire anche ai Comuni di utilizzare gli strumenti classici della coattiva quando il debito è inferiore a 2mila euro. La regola sarebbe la traduzione letterale del divieto pensato per la riscossione statale nell’ambito delle regole «anti-vessazioni» studiate dopo che ha ricominciato a scaldarsi la temperatura dei rapporti tra Fisco e contribuenti. C’è, però, una differenza importante: le “cartelle” dei Comuni raramente arrivano a superare i 2mila euro, per cui la regola rischia di tagliare le unghie a quasi tutta la macchina del Fisco locale, impedendole di ricorrere a ganasce e ipoteche.
L’esempio della multa aiuta a chiarire il quadro. Il classico divieto di sosta senza “aggravanti” produce un verbale da 39 euro, che in cinque anni tra interessi, sanzioni e aggi può lievitare intorno a quota 162 euro. Per arrivare alla soglia fatidica dei 2mila euro che farebbe scattare le ganasce, quindi, si dovrebbero impilare sul cruscotto 53 verbali, oppure si possono tranquillamente accumulare 12 divieti di sosta, lasciandoli decantare 5 anni; dopo un quinquennio, però, la multa va in prescrizione per cui, a meno di vedersi mitragliare da 12 contestazioni nel corso dello stesso periodo, si potrà tranquillamente fare affidamento sul fatto che il tramonto per prescrizione di una vecchia multa offra spazio per lasciar maturare altre infrazioni senza andare allo sportello.
La sterilizzazione di ganasce e ipoteche lascerebbe in vita il pignoramento presso terzi, che però non si può attivare nei confronti dei lavoratori autonomi, e anche nel caso di dipendenti e pensionati richiede una procedura complessa, a cui in genere i Comuni faticano a ricorrere.
Fatto sta che già oggi, con gli strumenti pieni della riscossione coattiva, il pagamento delle multe non sembra la priorità di molti automobilisti, soprattutto in alcune città. A Roma, per esempio, meno del 40% dei verbali arriva alla cassa nel corso dell’anno in cui è stato emesso, e a Napoli, Reggio Calabria e in altre città del Sud la quota dei pagamenti “puntuali” scende sotto al 20 per cento. Lo stesso problema, inoltre, si estenderà a Ici, Tarsu (a Napoli, dove la tassa rifiuti è carissima, e scarsamente pagata, per colpa dell’emergenza rifiuti, servono cinque anni a una famiglia media per superare i 2mila euro) e alle altre sigle delle entrate locali.
Strumenti a parte, poi, c’è da chiedersi chi effettuerà la riscossione nei Comuni a partire dal 1° gennaio prossimo, se l’emendamento diventa legge. Il testo prevede infatti che dal 2012 «Equitalia cessa di effettuare le attività» di accertamento, riscossione e liquidazione delle entrate di Comuni, Province e società partecipate dagli enti locali. In teoria, i sindaci dovrebbero riaffidare ai propri uffici la riscossione (inventandosi professionalità senza violare il blocco del turn over nelle assunzioni) o affidare con gara il tutto a società locali «interamente pubbliche» (evidentemente la scottatura di Tributi Italia, entrata in amministrazione straordinaria dopo aver aperto buchi nella riscossione di almeno 135 Comuni, brucia al punto da rischiare la chiusura di un intero mercato). I successori di Equitalia non potranno utilizzare l’iscrizione a ruolo, procedura classica nella riscossione coattiva, ma continueranno a dover ricorrere alla vecchia ingiunzione, regolata da un Regio Decreto del 1910 (il n. 639).
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