Mini-enti falcidiati

Piccoli comuni alle urne tra dubbi (sui gettoni) e certezze

Italia Oggi
23 Marzo 2012
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I piccoli comuni si avviano alle elezioni amministrative con la certezza dei tagli alle poltrone e qualche dubbio sul trattamento economico dei consiglieri.
Sul primo versante, la manovra di Ferragosto (dl 138/2011) ha usato la mano pesante, sforbiciando sia le giunte sia i consigli in tutti i municipi fino a 10.000 abitanti.
Il decreto milleproroghe (dl 216/2011) ha confermato che il taglio scatterà dal primo rinnovo amministrativo e, quindi, fin da subito per i quasi 800 comuni di tale fascia demografica che andranno alle elezioni a maggio.
Nei comuni fino a 1.000 abitanti, scompare la figura degli assessori e il numero di consiglieri è ridotto a 6. Come chiarito dalla circolare del ministero dell’interno n. 2379/2011 (si veda ItaliaOggi del 23 febbraio), tutte le funzioni oggi assegnate alle giunte spetteranno ai sindaci, che potranno delegarle (come previsto dall’art. 2, c. 186, lett. c), della legge 191/2009, come modificata dalla legge 42/2010) a non più di 2 consiglieri. Sempre fra i consiglieri dovrà obbligatoriamente essere scelto il vicesindaco. Fra 1.001 e 3.000 abitanti, la delega delle funzioni del sindaco ai consiglieri è solo facoltativa; in alternativa, potranno essere nominati non più di 2 assessori «veri», mentre il numero dei consiglieri sarà, anche in tal caso, pari a 6 (oltre al sindaco). Fra 3.001 e 5.000 abitanti, i consiglieri salgono a 7 più il sindaco con 3 assessori, mentre fra 5.001 e 10.000 ci saranno 10 consiglieri e 4 assessori.
Emolumenti dei consiglieri. Sul punto si registra qualche incertezza. L’art. 16, comma 18, del dl 138 ha previsto l’eliminazione dei gettoni di presenza per i consiglieri dei comuni fino a 1.000 abitanti. In origine, la decorrenza di tale misura era allineata a quella prevista dal precedente comma 9, che detta i tempi per l’avvio delle unioni attraverso le quali i mini-comuni dovranno obbligatoriamente (e i comuni fra 1.000 e 5.000 abitanti facoltativamente, in alternativa all’obbligo di gestione associata delle sole funzioni fondamentali) esercitare tutte le funzioni amministrative e tutti i servizi pubblici loro spettanti. Prima dell’intervento del milleproroghe, il comma 9 individuava come spartiacque il «giorno della proclamazione degli eletti negli organi di governo del comune che, successivamente al 13 agosto 2012, sia per primo interessato al rinnovo» fra quelli facenti parte di ciascuna unione ex art. 16. Successivamente, il dl 216/2011 (o meglio, la relativa legge di conversione, legge 14/2012) ha prorogato tale termine di nove mesi, facendolo slittare al 13 maggio 2013. Tale proroga non ha riguardato, però, il comma 18, il quale, tuttavia, rinvia espressamente alla «data» fissata dal comma 9. Pertanto, si pongono due problemi interpretativi: da un lato, individuare quale sia, ai fini del comma 18, la «data» di cui al comma 9 (il 13 maggio 2013 o quella successiva nella quale il primo comune dell’unione va a elezioni); dall’altro, capire se la proroga di tale «data» valga anche rispetto al divieto di corrispondere i gettoni. In ordine al primo punto, sembra chiaro che il legislatore abbia inteso collegare l’azzeramento dei gettoni dei consiglieri comunali alla partenza della nuova governance delle unioni, nella quale il ruolo dei consigli comunali è destinato a divenire marginale rispetto a quello degli omologhi organi delle nuove forme associative.
Più delicata la seconda questione: da parte dei primi commentatori, la mancata enunciazione del comma 18 da parte del «milleproroghe» è stata interpretata come una conferma del termine originario, per cui il divieto di erogare i gettoni scatterebbe dal primo rinnovo successivo al 13 agosto 2012 (e non al 13 maggio 2013). Sembra invece più corretto affermare che la proroga del termine di cui al comma 9 comporta implicitamente anche lo slittamento di quello previsto dal comma 18, trattandosi di fatto, come detto, dello stesso termine.

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