Mano libera ai piccoli comuni sugli acquisti per importi inferiori a 40.000 euro. C’è anche questo nel menù del decreto «enti locali», che dovrebbe essere emanato nei prossimi giorni dal consiglio del ministri, dopo una lunga e tribolata gestazione. Nelle ultime bozze del provvedimento, infatti, è stato inserito un correttivo all’art. 23-ter del dl 90/2014. Tale disposizione ha riscritto la tempistica attuativa dell’art. 33, comma 3-bis, del codice dei contratti pubblici (dlgs 163/2006), il quale, a sua volta, impone ai comuni non capoluogo di provincia di avvalersi per i propri acquisti di una centrale unica di committenza da istituire all’interno delle unioni o mediante accordo consortile, ovvero di un soggetto aggregatore ovvero ancora delle province. In alternativa, gli stessi comuni possono acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip o da altro soggetto aggregatore di riferimento. Tale obbligo, più volte rinviato, dovrebbe scattare dal prossimo 1° settembre, sia per i servizi e le forniture, che per i lavori. Esso, inoltre, è rafforzato dal divieto imposto all’Anac di rilasciare il Codice identificativo gara (Cig) ai comuni inadempienti, di fatto bloccando le gare «fuori legge». L’unica deroga al momento prevista riguarda gli acquisti di beni, servizi e lavori di valore inferiore a 40.000 euro, per i quali è consentito di procedere autonomamente, ma ai soli comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti. Ebbene, il dl in arrivo dovrebbe cancellare questa limitazione demografica, estendendo la deroga anche ai comuni di minori dimensioni. In origine, l’obbligo di centralizzare gli acquisti era imposto ai soli comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti. Ma era sorto il dubbio se permanesse in capo al comune la competenza per lavori, servizi e forniture realizzati mediante acquisizioni in economia (art. 125 del codice dei contratti), cioè mediante cottimo fiduciario o amministrazione diretta, trattandosi di procedure che non richiedono il previo esperimento di una «gara» tra potenziali aggiudicatori. Alcune sezioni regionali della Corte dei conti (Piemonte, parere n. 271/2012, Lombardia, parere n. 165/2013) avevano escluso l’obbligo di avvalersi della centrale unica sia per l’amministrazione diretta che per il cottimo fiduciario semplificato, ammesso solo per importi inferiori a 40.000 euro. Tale orientamento era stato infine recepito dalla l 147/2013, ma le modifiche successive lo hanno limitato ai soli comuni medio-grandi. Ora tale possibilità potrebbe essere nuovamente concessa ai mini-enti, come da chiesto richiesto dalle relative associazioni rappresentative e sollecitato anche da numerosi esponenti politici, preoccupati di una possibile espulsione dal mercato dei piccoli fornitori.
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