Una delle prima leggi approvate nella IX legislatura regionale del Piemonte è stata quella dedicata alla semplificazione normativa, mediante l’abrogazione di leggi non più utilizzate. Con analoghe iniziative assunte a partire dal 2005, abbiamo così raggiunto la quota di 891 leggi regionali eliminate dall’ordinamento perché non più attuali o necessarie. Si tratta di una importante operazione di pulizia, quanto mai necessaria dopo quarant’anni di attività legislativa regionale, che ha lo scopo di rendere più semplici e immediate le relazioni che la Regione intrattiene con i cittadini e le imprese. La trasparenza dei comportamenti della politica, a mio avviso, costituisce peraltro un passaggio fondamentale e decisivo per ricostruire quel rapporto di fiducia, indispensabile perché sistema pubblico e società possano lavorare insieme per lo sviluppo socio-economico. Tuttavia, affinché questa relazione sia fruttuosa è quanto mai necessario che le norme pubbliche diventino più comprensibili e immediate, che venga eliminata quella incrostazione che impedisce un facile accesso del cittadino comune alla cosa pubblica, costringendolo spesso a servirsi di intermediari o consulenti. È un problema antico – chi non ricorda il “latinorum” di Azzeccagarbugli, già messo alla berlina dal Manzoni? – che è stato affrontato a più riprese dal Consiglio regionale del Piemonte. Non solo con le periodiche abrogazioni di norme in disuso, ma anche con la continua “manutenzione” legislativa che impone – ogni volta che si crea una legge nuova – di individuare e sopprimere le precedenti norme in contrasto o non più utilizzate. Di fatto, solo negli ultimi anni è stato recepito il concetto di razionalizzazione e semplificazione legislativa, con l’abrogazione espressa delle norme superate, definendo il diritto realmente vigente. È avvenuto, per esempio, con la legge sul riordino della materia delle aree protette, che ha soppresso parallelamente ben 152 leggi pregresse. Questo passaggio mi pare ancora più rilevante, proprio mentre giunge a definizione il federalismo, con i decreti attuativi relativi ai costi standard e al potere fiscale autonomo delle Regioni. Si tratta di materie che implicano un coinvolgimento pieno del Consiglio regionale, in quanto organo legislativo, l’unico che può stabilire i livelli di aliquote fiscali, definire le esenzioni e gli eventuali sgravi. Così, mentre anche la politica fiscale diviene uno strumento flessibile, in mano alla Regione, per sostenere lo sviluppo locale del territorio, a maggior ragione si impone che la materia sia regolata in modo chiaro e inequivocabile. Recentemente, proprio il ministro Tremonti ha ricordato come uno dei primi obiettivi della riforma fiscale debba essere quello di ricondurre a un quadro ragionevole le centinaia di modalità di detrazione o deduzione. A maggior ragione, il fisco regionale dovrà avere come obiettivo di partire su basi di semplicità, chiarezza, trasparenza, motivando adeguatamente ogni scelta. Norme semplici e lineari renderanno anche più facile verificare gli esiti delle scelte, o come si dice in gergo, monitorare l’impatto delle politiche, una funzione importante che il nuovo Statuto regionale assegna al Consiglio. In tal modo, tutte le forze politiche, ma anche i cittadini singoli e associati, potranno avere consapevolezza dei risultati conseguiti e di quelli mancati, per eventuali interventi correttivi. presidente del Consiglio regionale del Piemonte
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