La commissione Cultura del Parlamento ha dato il suo via libera al marchio europeo del patrimonio, un’iniziativa volta a promuovere il senso di appartenenza, la coesistenza nella diversità, l’educazione e i simboli della cultura europea. L’idea, proposta dalla Commissione il 9 marzo scorso, è di valorizzare i siti che hanno marcato la storia dell’Europa e la sua integrazione. Chrysoula Paliadeli, relatrice, socialista greca, ci spiega come funzionerà il nuovo marchio.
Onorevole Paliadeli, quali sono gli obiettivi della proposta?
Il primo obiettivo è una maggiore coesione fra cittadini di paesi diversi, specialmente i giovani. La cultura unisce le giovani generazioni – il programma Erasmus ne è un esempio – e fa sentire le persone parte di una comunità, pur con le proprie differenze.
Inoltre il marchio darà l’occasione a diversi paesi di cooperare, per esempio se la Francia e la Germania vogliono proporre un sito che riflette una stessa idea, potranno farlo insieme. E’ un’iniziativa che mira a colmare il fossato fra cittadini e istituzioni UE.
Ma non è la stessa cosa che il Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO?
No, è diverso. L’UNESCO riconosce i monumenti e le idee per il loro valore architettonico, estetico o naturale. Il marchio europeo sarà una cosa più simbolica, in relazione a valori e idee come la democrazia, la libertà, la diversità, piuttosto che la bellezza.
Come faranno certi siti a guadagnarsi il marchio?
Verranno proposti dai governi, poi un panel di 13 esperti europei valuterà i candidati. Sarà un panel di studiosi, architetti, sociologi, storici…La partecipazione da parte degli Stati sarà volontaria, e le candidature dovranno rispettare i requisiti principali: simbolicità del sito, valore educativo, coesione, e possibilità di avvicinare i cittadini all’Europa.
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