Come è noto, il diritto di elettorato passivo costituisce specificazione del più generale principio di uguaglianza[1]. In materia, è particolarmente avvertito il bisogno di una disciplina uniforme per tutti i cittadini e per tutto il territorio nazionale[2]. Il principio di cui all’art. 51 Cost., infatti, svolge il ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell’inviolabilità ex art. 2 della Costituzione. In altri termini, il diritto di elettorato passivo è un diritto politico fondamentale, riconducibile alla sfera inviolabile della persona ed intangibile nel suo contenuto di valore[3].
Non sono ammesse sperequazioni tra soggetti che versano in identiche condizioni [4] . Il principio dell’eguaglianza dei cittadini non impone, però, una parificazione di tutte le situazioni di fatto, con conseguente obbligo di una normativa uniforme[5]. Il legislatore può disciplinare con norme diverse situazioni che considera differenziate, purché la diversità di trattamento, oltre ad obbedire a criteri di razionalità, riguardi categorie e non singoli cittadini, per non creare privilegi o ingiuste sperequazioni[6]. Le Regioni a Statuto speciale che sono titolari di potestà legislativa primaria hanno una regolamentazione differenziata[7]. Le Regioni a Statuto speciale possono stabilire regole in deroga a principi vigenti solo in presenza di situazioni del tutto peculiari o eccezionali[8].
A seguito della riforma del Titolo V della Costituzione la legge di attuazione costituzionale n. 165 del 2 luglio 2004, art. 2 comma 1 lettera a), demanda oramai alle regioni la disciplina delle ineleggibilità “anche in relazione a peculiari situazioni delle regioni” rispetto ad attività o funzioni svolte dal candidato che “possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori ovvero possano violare la parita’ di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati”.
La disciplina dei casi di ineleggibilità ed incompatibilità alla carica di Consigliere regionale, come quella dei casi di ineleggibilità alla carica di Presidente e di componente della Giunta regionale, è affidata alle singole Regioni, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica (articolo 122, comma 1, della Costituzione).Al fine di delineare un chiaro discrimine tra i due diversi istituti, ineleggibilità ed incompatibilità, appare preferibile adottare una ricostruzione “in chiave teleologica”[9], in base alla quale l’ineleggibilità è volta a tutelare il diritto di voto (art. 48 Cost.) e l’eguaglianza effettiva tra i competitori (art. 51 Cost.); mentre l’incompatibilità mira piuttosto ad assicurare il libero esercizio del mandato parlamentare (art. 67 Cost.), dei mandati regionali e locali (artt. 121 e 122 Cost.) e l’imparzialità e il buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.). Il superiore approccio consente di segnare una prima distinzione tra il fine dell’ineleggibilità, ovvero la tutela della libertà di voto degli elettori, che postula soprattutto la necessità di evitare situazioni in cui i titolari di determinati uffici possano utilizzarli per influenzare l’elettorato; e quello dell’incompatibilità, volta invece a scongiurare l’effettiva inconciliabilità tra due cariche. In questa prospettiva, trasposto l’approccio teleologico o funzionale sul piano dell’ordinamento, esso permette di cogliere il diverso ancoraggio costituzionale dei due istituti. Posta in questi termini, la differenza tra ineleggibilità ed incompatibilità appare ben più chiaramente delineabile, essendo l’ineleggibilità strumentale alla tutela della sfera dei diritti politici (e, in particolare, al corretto svolgimento delle competizioni elettorali), l’incompatibilità invece a garantire il corretto adempimento del mandato elettorale e della pubblica funzione[10], che assume un peculiare significato nel quadro repubblicano alla luce dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione[11].
La Regione ha l’obbligo di definire una completa disciplina in materia di ineleggibilità ed incompatibilità in quanto, in difetto di un tale regime, si determinerebbe una situazione di vuoto legislativo[12]. Le singole cause di ineleggibilità ed incompatibilità, poi, devono essere specificamente individuate e non determinate in maniera generica. Tra i principi fondamentali che la Regione è tenuta a rispettare, va compreso quello della distinzione tra le cause di ineleggibilità e le cause di incompatibilità.
La Costituzione riconosce a tutti i cittadini, dell’uno e dell’altro sesso, il diritto di accedere alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge (articolo 51, comma 1, della stessa Costituzione). Tale diritto riguarda ogni vicenda relativa alla preposizione ad una carica elettiva[13] e si articola nella possibilità di essere candidato alle elezioni poiché proprio l’accettazione della candidatura costituisce il primo atto di esercizio del diritto[14], di essere proclamato eletto a seguito dell’esito favorevole delle stesse elezioni e di esercitare la carica validamente conseguita.
Il diritto di elettorato passivo non è un diritto incondizionato, ma si realizza e può essere esercitato solo in presenza di determinati requisiti, la cui individuazione è riservata alla legge[15]. La legge può stabilire, infatti, per categorie generali ed astratte, cause di ineleggibilità volte alla tutela di interessi generali, che si riconnettano alla duplice esigenza di assicurare la libera e genuina espressione del voto e l’imparziale esercizio delle funzioni degli amministratori[16]. Ogni limitazione posta dalla legge ha carattere di aperta eccezione e va calibrata con estrema cautela, sempre in stretta aderenza ai principi costituzionali[17]. L’eleggibilità, insomma, è la regola, l’ineleggibilità l’eccezione[18]. I parametri da utilizzare sono quelli della necessarietà e della ragionevole proporzionalità. La limitazione va contenuta, in particolare, entro i limiti rigorosamente necessari al soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse cui è preordinata[19]. Deve essere fornita, poi, una rigorosa prova dell’indispensabilità del limite rispetto all’esigenza primaria di assicurare una libera competizione elettorale[20].
Attraverso la riconduzione dell’elettorato passivo ai diritti inviolabili di cui all’art. 2 Cost., la Corte ha infatti fissato un limite alla discrezionalità del legislatore nel determinare cause di ineleggibilità, ritenendo che sussista l’obbligo di favorire la “grande regola” dell’eleggibilità[21], orientamento, quest’ultimo, costantemente confermato anche dal Consiglio di Stato[22]. Sul versante opposto, la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto la necessità che il legislatore garantisca la libera espressione di voto del corpo elettorale, l’autenticità della competizione elettorale, la parità di condizioni tra i candidati e l’effettiva genuinità del voto.
E’ definita ineleggibilità la situazione in cui si trova chi non può diventare soggetto passivo del rapporto elettorale e non può essere validamente eletto. L’ineleggibilità, quindi, ha una diretta incidenza sul diritto di elettorato passivo ed assume rilievo fin dall’inizio della competizione elettorale o, più specificamente, dal momento della presentazione della candidatura. La finalità dell’individuazione delle cause di ineleggibilità è quella di evitare i rischi di inquinamento della campagna elettorale, di garantire lo svolgimento della competizione elettorale in condizioni di uguaglianza tra i candidati e di assicurare l’autenticità e la genuinità del voto, ovvero, in taluni casi, di apprestare una più intensa tutela alla pubblica funzione rispetto all’ipotesi di cumulo di mandati o di conflitto di interessi[23]. I titolari di determinati uffici pubblici potrebbero avvalersi, infatti, del rilievo sociale, politico o istituzionale connesso alla carica rivestita per influire indebitamente sulla competizione elettorale attraverso una captatio benevolentiae o un metus pubblicae potestatis nei confronti degli elettori[24]. Il conflitto che determina l’ineleggibilità non deve essere attuale, essendo sufficiente che sia soltanto potenziale. La potenzialità del conflitto è sufficiente a porre in pericolo quegli interessi pubblici che si intendono tutelare[25]: “È appena il caso di rilevare, in proposito, che un conflitto determinante ineleggibilità, per essere rilevante, non deve necessariamente essere attuale, bastando che sia anche soltanto potenziale; la sua potenzialità, infatti, è già sufficiente a porre in pericolo quegli interessi pubblici che si intendono tutelare mediante la eliminazione della situazione di conflittualità”. La captatio benevolentiae si caratterizza per il rilievo psicologico sull’elettore rispetto al ruolo ricoperto e comunicato all’esterno dal candidato.
Le cause di ineleggibilità, derogando al principio costituzionale della generalità del diritto elettorale passivo, sono di stretta interpretazione[26]. Le fattispecie concrete devono essere valutate esclusivamente alla luce della specifica disciplina dettata per la loro regolazione[27].
In materia di cause di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità non è consentita l’interpretazione analogica[28].
In materia di cause di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità è ammessa l’interpretazione estensiva[29] diretta ad individuare la reale e completa volontà del legislatore; ma nei soli limiti in cui si ritenga che lo stesso abbia detto meno di quanto abbia effettivamente voluto, e al fine di evitare il rischio di escludere dalla regolamentazione, per effetto di una superficiale lettura del solo dato testuale, una fattispecie che, al contrario, si voleva disciplinare nell’ambito della disposizione[30] .
L’interpretazione estensiva è stata utilizzata per sostenere l’applicazione agli amministratori delle società per azioni dell’ineleggibilità prevista per i legali rappresentanti ed i dirigenti delle medesime società; per sostenere, inoltre, l’applicazione al direttore amministrativo di un ospedale costituito in azienda ospedaliera dell’ineleggibilità stabilita per il direttore amministrativo di un’azienda sanitaria[31].
In materia di cause di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità è ammessa anche l’interpretazione sistematica, teleologica ed evolutiva. Proprio i canoni dell’interpretazione sistematica impongono un’esegesi corrispondentemente evolutiva delle disposizioni, in relazione alla ratio di tutela della libera determinazione dell’elettore e di garanzia della par condicio dei candidati[32]. Il necessario rigore ermeneutico nell’interpretazione delle norme deve essere coordinato, infatti, con l’esigenza di non privare di ogni contenuto il precetto normativo diretto alla realizzazione di valori pure garantiti da tutela costituzionale[33].
E’ consentita l’interpretazione evolutiva, in particolare, allo scopo di verificare se, nei limiti del senso proprio delle parole e senza forzare la disciplina sino ad innovarne sostanzialmente il contenuto, una norma di legge non possa assumere un significato più ampio rispetto a quello che essa aveva al tempo della sua emanazione, in modo che la stessa divenga suscettibile di soddisfare esigenze nuove che l’esperienza o anche l’evoluzione tecnica pongano in tempi successivi. Anche in questo caso, però, l’interpretazione evolutiva non può certamente condurre ad ampliare la portata delle previsioni[34]. Si tratta, in sintesi, di adattare le norme alla realtà giuridica, eventualmente diversa da quella per la quale quella norma è stata originariamente formulata, a cui per volontà del legislatore la stessa deve essere applicata[35]. L’interpretazione evolutiva è stata utilizzata per applicare alle società per azioni a partecipazione indiretta le cause di ineleggibilità stabilite per le società per azioni a partecipazione diretta[36] .
Nel caso di ineleggibilità originaria del Consigliere regionale, salvo il caso del Presidente della Giunta, non si dà luogo ad annullamento delle operazioni elettorali[37] .
Anche per l’ineleggibilità, grazie ad un bilanciamento ragionevole degli interessi, garantisce la stabilità degli organi elettivi ed il rispetto della volontà degli elettori, assicura la certezza dei risultati elettorali e conserva l’efficacia degli atti del procedimento non direttamente incisi dall’elezione del soggetto ineleggibile nonché restituisce la situazione di legalità vulnerata[38].
Se fosse altrimenti, la mera partecipazione di un soggetto ineleggibile avrebbe per effetto l’annullamento del voto senza limiti, anche quando la partecipazione sia dolosamente preordinata ad invalidare le elezioni. Come per l’incandidabilità, anche per l’ineleggibilità la conclusione è diversa per quanto concerne il Presidente della Giunta regionale. Infatti analogamente a quanto avviene per il Sindaco, la conseguenza è quella della radicale illegittimità dell’intera competizione elettorale, con conseguente obbligo di ripeterla.
A differenza dell’incandidabilità, però, non è prevista alcuna verifica in fase di presentazione delle candidature. Ciò aumenta il rischio che partecipino alla competizione elettorale soggetti ineleggibili.
Le cause di ineleggibilità, a differenza delle cause di incandidabilità, possono essere rimosse dal soggetto interessato nelle forme e nei modi previsti dalla legge.
Le cause di ineleggibilità originaria impediscono l’elezione e la viziano, a meno che non siano rimosse, entro i termini espressamente stabiliti[39].
La legge di attuazione costituzionale n. 165 del 2 luglio 2004, all’art. 2 lettera b) fissa l’ inefficacia delle cause di ineleggibilità “qualora gli interessati cessino dalle attivita’ o dalle funzioni che determinano l’ineleggibilita’, non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature o altro termine anteriore altrimenti stabilito, ferma restando la tutela del diritto al mantenimento del posto di lavoro, pubblico o privato, del candidato”.
Nel caso di ineleggibilità originaria in diverse regioni, per situazioni del tutto peculiari o eccezionali del territorio, la rimozione deve essere effettuata in un momento di molto anteriore rispetto a quello di presentazione della candidatura. Per esempio nella Regione Sicilia, a Statuto Speciale, variando in ragione delle categorie di soggetti considerate, i termini sono di 180 o 90 giorni prima del compimento di un quinquennio dalla data delle precedenti elezioni regionali (L.r. 29 del 1951 e ss.mm.).
Nell’ultimo decennio la cessazione anticipata della legislatura nelle Regioni ha rappresentato una variabile concreta per ragioni non solo politiche, crisi di governo (Renato Soru in Sardegna), ma anche per motivazioni giudiziarie incombenti sui Presidenti di Regione (in Sicilia Salvatore Cuffaro e poi Raffaele Lombardo).
Le dimissioni volontarie del vertice della Giunta comportano, quale obbligatoria conseguenza, la dissoluzione anche dell’organo consiliare e quindi le elezioni anticipate.
Nel caso di cessazione anticipata della legislatura gli ordinamenti regionali, disciplinano un termine abbreviato per la rimozione delle cause ostative alla eleggibilità.
Per esempio, in Sicilia si prevede un termine unico abbreviato per la cessazione dalle cariche di 10 giorni dalla data di pubblicazione sulla Gurs del decreto di convocazione dei comizi elettorali.
Nulla questio se l’interruzione sia avvenuta prima dei 180 giorni dalla scadenza naturale. Entro 10 giorni dal decreto di convocazione dei comizi, pubblicati sulla Gurs occorre rimuovere ai sensi di legge le cause di ineleggibilità.
Quid iuris se la cessazione sia intervenuta medio tempore all’interno dei 180 giorni a ridosso della scadenza naturale, ovvero nel c.d “semestre bianco”, durante i sei mesi anteriori alla scadenza naturale?
Il 15 e 16 febbraio 2009 gli elettori sardi sono stati chiamati al voto, per la prima volta, in anticipo rispetto all’ordinario appuntamento per il rinnovo degli organi rappresentativi della Regione. Infatti, il 25 novembre 2008 il Presidente sardo Renato Soru, a pochissimi mesi ormai dalle elezioni, si dimise dalla carica.
La Suprema Corte a distanza di qualche anno si ritrovò a disquisire su un caso di ineleggibilità verificatosi a seguito delle elezioni sarde[40].
L’art. 25 della legge statutaria allora in vigore riproduceva pressoché’ alla lettera, il disposto del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 3. In entrambi si prevede un termine perentorio di centottanta giorni prima della data di scadenza dell’organo da rinnovare (nella specie, il consiglio regionale) per la cessazione dalla carica, la cui inosservanza determina l’ineleggibilita’; ed un secondo termine, di eguale natura, di giorni sette, decorrente dalla data del provvedimento di scioglimento anticipato. Un candidato, nonostante fosse già spirato il termine dei 180 giorni per rimuovere la causa ostativa alla candidatura, si conformò al termine breve dei sette giorni a decorrere dalla data del provvedimento di scioglimento anticipato.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 6845 del 24/03/2011 fu tranciante in merito statuendo che non potesse essere considerata una semplicistica lettura letterale della disposizione limitandosi “a valorizzare il criterio formale “ubi lex dixit voluti…”, trascurando del tutto il parametro teleologico, che dev’essere invece apprezzato, in sede ermeneutica, anche per norme di stretta interpretazione, quali quelle in tema di elettorato passivo (art. 12, disp. gen.)”.
Per unanime opinione in giurisprudenza e dottrina la ratio della disciplina delle cause di ineleggibilità è quella di prevenire forme di capitatio benevolentiae del cittadino elettore, legate all’influenza sulla sua liberta’ di voto derivante dall’esercizio di funzioni pubbliche e suscettibile di alterare la par condicio nella contesa elettorale. Ma se è così, il dato temporale nell’eliminazione della posizione di favore, diventa unico ed indefettibilile. In entrambe le leggi esaminate, dichiarò la Corte di Cassazione, consta di 180 giorni anteriori alla data di scadenza naturale della legislatura[41]. Superato detto termine, affermarono gli ermellini, il direttore generale di un’azienda sanitaria locale e’ definitivamente escluso dalla competizione elettorale, avendo operato una scelta di continuità nella sua funzione, preclusiva della candidatura.
Qualora, quindi, la durata ordinaria dell’organo da rinnovare subisca una prematura interruzione dopo la scadenza anzidetta, non vi é spazio per una riapertura dei termini degli ineleggibili: a pena di violazione della par candido, insita nella procrastinata rimozione della condizione di vantaggio rispetto ad eventuali candidati, patimenti ineleggibili, che abbiano però rinunciato, per tempo, alla loro carica.
“Non è dunque possibile recepire la tesi del ricorrente, affermò la Suprema Corte, che sopravvaluta non poco la portata del dato letterale, facendo di una proposizione esplicativa il criterio discretivo tra analoghe ipotesi di ineleggibilità, in contrasto con l’intenzione del legislatore”.
Fattispecie analoga per ratio si riscontra pure nella previsione di cui all’art. 60 comma 2 del TUEL[42].
Si rifletta, al riguardo, che tale alterazione delle condizioni di partecipazione alla gara elettorale potrebbe arrivare alla pratica disapplicazione della causa di ineleggibilita’ nell’ipotesi – scolastica, certo; ma non per questo, impossibile – di anticipazione dello scioglimento dell’assemblea regionale ravvicinatissima rispetto alla durata naturale (argomento apagogico).
Sarebbe facile concretizzare in tal caso un abuso del diritto, ovvero un uso improprio del diritto.
Il 5 agosto 2022 a pochissimi giorni dalla scadenza naturale della XVII legislatura, fissata per il 4 novembre 2022, il Presidente della Regione siciliana Sebastiano Musumeci rassegnò le dimissioni tecniche, per opportunità politica, per accorpare con l’election day le elezioni regionali siciliane con il voto per le Camere fissato al 25 settembre.
Nel caso Cuffaro e Lombardo, l’interruzione improvvisa della legislatura si verificò ben lontano dal termine dei 180 giorni a ridosso dalla scadenza della legislatura. Soccorse allora la disposizione di cui all’art. 10 bis[43]: “In caso di conclusione anticipata della legislatura ai sensi degli articoli 8 bis e 10 dello Statuto ovvero in caso di scioglimento dell’Assemblea regionale, ai sensi dell’articolo 8 dello Statuto, tutte le cause di ineleggibilità alla carica di deputato regionale previste dalla vigente legislazione non sono applicabili a coloro che, per dimissioni, collocamento in aspettativa od altra causa, siano effettivamente cessati dalle loro funzioni entro dieci giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Regione del decreto di convocazione dei comizi elettorali”[44].
Nella fattispecie siciliana, per chiara interpretazione logica, l’art. 10 bis è applicabile soltanto prima del decorso degli ultimi 180 giorni dalla data di compimento del quinquennio della legislatura. Presupposto per l’applicazione della norma speciale è la pubblicazione sulla Gurs del Decreto di convocazione dei comizi elettorali (dies a quo) prima dell’integrazione dei termini ordinari di cui alla previsione della L.R. Sicilia n. 29/1951 e ss.mm., previsti per la rimozione delle ineleggibilità. L’articolo 10 bis non è utilizzabile per coloro che siano già decaduti dalla possibilità di rimuovere le cause ostative nei termini perentori di decadenza previsti dalla L.R. Sicilia n. 29/1951 e ss.mm.
In tale ipotesi si concreterebbe un ulteriore disparità di trattamento tra coloro che, avendo confidato nella scadenza naturale, hanno tempestivamente rimosso le cause di ineleggibilità e/o incompatibilità e coloro che, facendo leva impropriamente in una indebita successiva rimessione dei termini, avessero rimosso le medesime cause entro i dieci giorni dalla pubblicazione sulla GURS del decreto di convocazione dei comizi elettorali e cioè ben oltre i termini ordinariamente previsti.
Difatti, prendendo le mosse da una interpretazione costituzionalmente orientata come suffragato dall’orientamento della Suprema Corte, risulta palese la ratio dell’art.10 bis rapportato all’art.51 della Costituzione.
La predetta disposizione mira inequivocabilmente a porre argine ad un vuoto normativo e cioè quello di individuare un termine entro il quale rimuovere le cause di ineleggibilità e/o incompatibilità nell’ipotesi in cui non fossero applicabili i termini ordinari, ovverossia nell’ipotesi di scadenza anticipata del mandato temporalmente ancorata ad un periodo anteriore ai 180 giorni prima della prevista scadenza naturale. (c.d. semestre bianco)
Diversamente, si perverrebbe alla paradossale conclusione di assegnare un termine superiore a quello ordinario in dispregio all’art 51 della Costituzione con particolare riguardo alla par condicio dei candidati permettendo indebite forme di captatio benevolentiae o di metus publicae potestatis nei confronti degli elettori alterando, de relato, la correttezza e l’imparzialità della competizione elettorale.
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NOTE
[1] (Corte Costituzionale n. 166/1972)
[2] (Corte Costituzionale n. 108/1969)
[3] (Corte Costituzionale n. 42/1961, n. 235/1988, n. 571/1989, n. 539/1990 e n. 288/2007)
[4] (Corte Costituzionale n. 38/1971)
[5] (Corte Costituzionale n. 105/1957)
[6] (Corte Costituzionale n. 42/1961)
[7] (Corte Costituzionale n. 130/1987, n. 276/1997 e n. 25/2008)
[8] (Corte Costituzionale n. 235/1988)
[9] In questa prospettiva, cfr. V. MESSERINI, Eleggibilità e sistema democratico. Le limitazioni alle scelte dei rappresentanti del corpo elettorale nel Parlamento e nei Consigli regionali, provinciali, comunali, Milano, Giuffrè, 1983, 177 s.; G.E. VIGEVANI, Stato democratico ed eleggibilità, Milano, Giuffrè, 2001, 151 ss.; nonché G. RIVOSECCHI, Associazione italiana dei costituzionalisti, Rivista n. 3/2011 del 14/09/2011.
[10] Cfr. F. GABRIELE, La Corte costituzionale fra ineleggibilità ed incompatibilità nelle elezioni amministrative, in Foro amm., 1976, I, p. 312 ss.; A. PERTICI, Il conflitto di interessi, Torino, Giappichelli, 2002, p. 145.
[11] Sul punto, cfr. D. SORACE, A proposito della giurisprudenza costituzionale sulle “ineleggibilità”, in Giur. cost., 1975, II., p. 2705 ss.
[12] (Corte di Cassazione n. 16889/2006 e n. 16218/2007)
[13] (Corte Costituzionale n. 60/1966)
[14] (Corte Costituzionale n. 46/1969)
[15] (Corte di Cassazione n. 3904/2005 e n. 5449/2005)
[16] (Corte Costituzionale n. 38/1971)
[17] (Corte Costituzionale n. 1020/1988)
[18] (Corte Costituzionale n. 46/1969, n. 344/1993, n. 141/1996 e n. 364/1996)
[19] (Corte Costituzionale n. 46/1969, n. 58/1972, n. 166/1972, n. 571/1989 e n. 344/1993)
[20] (Corte Costituzionale n. 344/1993)
[21] In base alla quale “l’eleggibilità è la regola, l’ineleggibilità l’eccezione”: cfr. sentt. C. cost. nn. 46/1969; 108/1969; 166/1972; 129/1975; 45/1977; 5/1978; 235/1988; 53/1990; 344/1993. Su questi orientamenti della giurisprudenza costituzionale, si veda, ad esempio, U. POTOTSCHNIG, Art. 97, 3° comma, sezione II [art. 51], in Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, La pubblica amministrazione, Bologna — Roma, Zanichelli — Il Foro Italiano, 1994, p. 385 ss.
[22] 6 Cfr., ad esempio, Cons. Stato, Sez. I consultiva, par. n. 427 del 9 maggio 2001; Cons. Stato, Sez. V, 16 dicembre 2004, n. 8096.
[23] (Corte Costituzionale n. 77/1970; Corte di Cassazione n. 10701/1993, n. 2743/2001 e n. 16218/2007)
[24] (Corte Costituzionale n. 344/1993 e Consiglio di Stato n. 3338/2000)
[25] (Corte Costituzionale n. 129/1975)
[26] (Corte Costituzionale n. 46/1969, n. 166/1972, n. 53/1990, n. 141/1996 e n. 306/2003)
[27] (Corte di Cassazione n. 3904/2005)
[28] (Corte di Cassazione n. 10701/1993, n. 3904/2005 e n. 5449/2005)
[29] (Corte Costituzionale n. 44/1997)
[30] (Corte di Cassazione n. 10701/1993, n. 15284/2000, n. 15285/2000 e n. 3904/2005)
[31] (Corte di Cassazione n. 10701/1993, n. 1631/1999 e n. 15285/2000)
[32] (Corte di Cassazione n. 15026/2007)
[33] (Corte di Cassazione n. 16203/2000)
[34] (Corte di Cassazione n. 17810/2002)
[35] (Corte di Cassazione n. 22280/2006)
[36] (Corte di Cassazione n. 22280/2006)
[37] (Consiglio di Stato n. 4948/2006)
[38] (Consiglio di Stato n. 2333/2002)
[39] (Corte Costituzionale, n. 450/2000 e Corte di Cassazione n. 16218/2007)
[40] (Tribunale di Cagliari n. 2849/09; Corte di Appello di Cagliari n. 132/2010)
[41] (ancora Cass. N. 9245 del 07/06/2012).
[42]“ Le cause di ineleggibilità di cui al numero 8) non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata degli organi ivi indicati. In caso di scioglimento anticipato delle rispettive assemblee elettive, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di scioglimento”.
[43] L.R. Sicilia n. 29/1951 e ss.mm.
[44] Cass. Civ. Sez. VI n. 27832 del 20-12-2011
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