ROMA – Nessuna mina-derivati sta per esplodere nei conti della finanza locale con effetti devastanti sul debito pubblico. È questa la situazione rilevata dai radar del Tesoro. Il ministero dell’Economia continua a monitorare da vicino assieme alla Corte dei conti il settore dei derivati stipulati con banche italiane ed estere da quasi 700 enti (comuni, province e regioni) su un valore corrispondente al debito sottostante di 35 miliardi, come risulta dall’ultima ricognizione risalente al 30 giugno 2010 e messa a punto dal Mef agli inizi di luglio. In calo di oltre 3 miliardi. Un valore cosiddetto “nozionale” in derivati pari a 35 miliardi è fisiologico perché interessa meno di un terzo dell’intero stock del debito locale, sostengono gli addetti ai lavori: alla fine del primo semestre di quest’anno il Tesoro ha stimato a quota 106,86 miliardi l’entità del debito residuo di comuni, province e regioni. Il dato dei 35,004 miliardi in derivati si discosta di qualche centinaio di milioni dall’ultima rilevazione di fine 2009, ma fonti del Tesoro precisano che questo stock non è statico ma in continuo movimento. Il ribasso dei tassi starebbe riducendo il mark-to-market negativo per molti enti, anche se lentamente: secondo Banca d’Italia, il valore di mercato negativo (l’ammontare che dovrebbe essere versato agli intermediari italiani o residenti in Italia nel caso di chiusura anticipata dei contratti) alla fine dello scorso marzo ammontava a 1,1 miliardi mentre quello positivo era di 100 milioni. In via Venti Settembre inoltre è stata accertata la chiusura di derivati, per estinzione o in via anticipata, per oltre 3 miliardi dal giugno 2008, da quando è entrato in vigore il decreto che pone un divieto sulla stipula di nuovi contratti fino alla pubblicazione di nuove norme e consente solo ristrutturazioni o chiusure. Il valore nozio-nale continua ad orbitare attorno a quota 35 miliardi in seguito al recente scambio di flussi di informazioni sui derivati avviato tra ministero dell’Economia e Corte dei conti. La contrazione da 3 miliardi è destinata ad aumentare se l’emanazione del regolamento contenente le nuove regole dovesse tardare oltremisura. Ma il Tesoro non ha intenzione di bandire i derivati dalla finanza locale perché, come riconosce la magistratura contabile, «mediante il ricorso ai derivati un debitore può realizzare una gestione efficiente del debito, con una riduzione del costo totale del finanziamento o dei profili di rischio». Se tutto andrà bene, il nuovo regolamento vedrà la luce entro fine anno. Il Mef ha iniziato a introdurre paletti sull’uso dei derivati nella finanza locale dalla fine del 2001 e a intervalli ricorrenti ha corretto il tiro e migliorato l’assetto normativo con regole sempre più aggiornate, al passo con un’innovazione finanziaria galoppante. Interventi che non hanno eguali in Europa: in Germania, Spagna e Francia l’uso dei derivati da parte degli enti locali è molto diffuso ma anche meno regolamentato e trasparente, fanno notare fonti vicine al Mef. Quando poi il Tesoro ha rilevato derivati contrari ai principi di sana e prudente gestione della finanza locale è intervenuto per bloccare eccessi o abusi: ma la maggior parte dei derivati monitorati dal Mef non è irregolare. E i casi discutibili sono rari.
Ma i «radar» del Tesoro non segnalano allarmi
CONTI PUBBLICI . La finanza locale/Monitoraggio Mef. Regolare la maggior parte delle operazioni
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