L’Italia maleducata dei mozziconi

Il 27 per cento dei rifiuti accumulati sulle spiagge è costituito da sigarette

Corriere della Sera
8 Luglio 2010
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Le cicche per terra (di gomma o di tabacco fa lo stesso) e gli ecomostri di cemento che devastano le coste (e non solo le coste). Sono i due estremi della nostra «Italia maltrattata». Maltrattata dai nostri comportamenti sadomaso. Cominciamo un viaggio proprio da quel-l'(apparentemente) insignificante mozzicone lungo, in media, tre centimetri che giace a terra per ore, giorni, settimane, mesi, anni. Peccato che i tre centimetri di ogni mozzicone devono essere moltiplicati per… Se prendiamo Roma vanno moltiplicati ogni anno per un miliardo e 700 milioni. A metterli in fila si arriverebbe a 5 miliardi e 100 milioni di centimetri, un bel 51 mila chilometri, più della circonferenza del pianeta Terra. Al Quirinale ci pensa la signora Clio Napolitano: «Se vedo qualcuno che butta una cicca per terra gli dico: guardi, le è caduto qualcosa. E semi risponde: ma è una sigaretta che ho finito di fumare; io incalzo: perché a casa sua le cicche le butta per terra?». Nel resto d’Italia è più difficile trovare questo senso civico. Anche sulle spiagge, dove il 27 per cento dell’immondizia raccolta tra la sabbia è fatta di mozziconi. E se non vengono raccolti, l’impasto di catrame, nicotina e filtro impiega da uno a cinque anni per degradarsi. La nicotina che resta intrappolata in una cicca vale 4,5 milligrammi. Vuol dire che vengono riversate nell’am-biente 320-350 tonnellate ogni anno. E, si sa, la nicotina è un veleno. E poi c’è il polonio 210, un elemento radioattivo ad alto potenziale cancerogeno. Sempre e solo attraverso le cicche, si riversano nell’ambiente quasi 1.900 milioni di bq (becquerel, l’unità di misura della radioattività di una sostanza). Per completare il micidiale cocktail, i mozziconi trascinano a terra anche 1.800 tonnellate tra benzene, acetone, formaldeide, toluene che si capisce già dai nomi come non siano proprio salutari; 22 tonnellate di elementi tossici tra cui ammoniaca e acido cianidrico; 12 mila e passa tonnellate di acetato di cellulosa. Sul piano della prevenzione, tranne qualche sortita privata, finora iniziative zero. A meno di non considerare quei posticci posacenere aggregati ai gettacarta per strada un invito a non buttare le cicche per terra anziché un’istigazione a provocare piccoli incendi metropolitani. Sul piano della repressione alcuni sindaci (tra cui quelli di Trento, Varese, Erba, Parma, Padova) hanno emesso ordinanze antimozziconi con multe sui 300 euro. Nel Salernitano il piccolo municipio di Pollica Acciaroli, la Capri del Cilento, ha adottato la penale fino a mille euro e ha invitato i tabaccai a mettere a disposizione dei fumatori i Pat (pocket ash tray), i posacenere da tasca o da borsa. Encomiabile, anche per il territorio in cui si muove, l’internauta che si definisce «Primavalle. Malato di Lazio». Sul sito degli ultrà ha avviato una campagna e invita i Fratelli Biancocelesti a diffondere il suo messaggio: «Fumo, ma da tempo immemore (almeno da quando qualche anno fa, ho cominciato ad usare maggiormente il cervello) non mi capita di buttare mozziconi per terra. Non è difficile: quando la sigaretta è finita, cerco un secchio/cestino, cassonetto in cui spegnerla e buttarla. Perché? Beh, i mozziconi sono rifiuti e i rifiuti non si gettano a terra. Quanti di voi, onestamente, fanno altrettanto?». Per terra c’è anche un’altra cosa: l’auto-mobile. Finché se ne sta ferma dentro le righe affiancate al marciapiede non fa del male a nessuno, ma quando si addormenta, magari sbattendo a intermittenza gli occhioni arancioni, in seconda fila… Eppure succede una cosa strana. Nella percezione di noi italiani questo comportamento (evidentemente dannoso per ovvie ragioni e non tollerato in tutto l’Occidente) si sposta sempre più dall’area della illegalità a quella della legalità. La percentuale di chi considera la doppia fila una «necessità» (perché non si trova parcheggio) è salita dal 30,5 per cento del 2005 al 34,5 per cento del 2009. Per quello che vale: l’84 per cento di chi vive nelle grandi città denuncia di essere «abitualmente » intralciato da chi sosta in mezzo alla strada. La percentuale scende al 65 per chi vive in centri con meno di 250 mila abitanti e al 36 per cento nei Comuni con meno di 50 mila abitanti. I più corretti: i parcheggiatori del Trentino-Alto Adige (9 per cento di tasso di disturbo), i più scorretti in Campania (77 per cento). Resta il fatto che resiste, anzi aumenta, il senso di tolleranza da parte di chi si comporta legalmente nei confronti di chi si comporta illegalmente. Il decano dei parcheggiatori in doppia fila ? non perché parcheggi lui, ma perché procura e tiene d’occhio i parcheggi altrui ? non è napoletano, ma genovese. Alfredo Bellantonio ha fatto questo mestiere per 24 anni. Una vita da mediano in doppia fila. Lui di anni ne ha 84 e senza la sua illegalità tollerata, anzi richiesta, con la pensione che si porta a casa non camperebbe. Una faccia bruciata dal sole come i pescatori, lui ha pescato per decenni i suoi clienti dalle parti del cimitero di Staglieno. Ricorda di aver avuto 17 auto sue e non è in grado di ricostruire quante ne abbia parcheggiate ? più o meno ? abusivamente. «Ma sempre senza mai intralciare troppo il traffico, anzi, forse, rendendolo più scorrevole ». Il senso della perdita della linea di confine tra legalità e illegalità lo fornisce anche un episodio milanese: è di questi giorni l’iniziativa del Comune di colpire, con il sistema delle multe a strascico (una telecamera installata nelle auto dei vigili), chi parcheggia in doppia fila. Persino il Codacons, l’associazione dei consumatori che da sempre tutela il cittadino maltrattato, ha protestato. Per il solito motivo: i parcheggi mancano e in tema di viabilità il Comune di Milano non ne azzecca una. E questa è anche la denuncia di un panettiere imprenditore: si chiama Rocco Princi. «Sono andato via da Reggio Calabria 30 anni fa per non subire angherie, per non dover barattare favori con favori e ritrovo una situazione analoga qui». «Qui» vuol dire in piazza XXV Aprile a Milano, dove da quattro anni si lavora (molto al rallentatore e nessuno sa spiegare perché) per costruire un grande parcheggio sotterraneo. Risultato: il parcheggio non c’è mai, i negozi sono imprigionati da transenne che li rendono di fatto irraggiungibili, c’è chi come Princi è costretto a licenziare. Intanto il parcheggio non si trova, forse nemmeno in seconda fila. E gli ecomostri sonnecchiano silenziosi e tranquilli…

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