L’Unità d’Italia, così continuativamente evocata e celebrata in questi giorni, trova una conferma ed una smentita nella cartina con la quale l’Agenzia delle entrate ha illustrato un ponderoso ed accurato studio sull’evasione fiscale. La conferma è che l’Italia è infatti tutta unita in una armoniosa vocazione al contrasto, operato con bugie e omissioni più o meno fraudolente, verso una imposizione tributaria che appare vessatrice «in nuce», essendo del tutto sproporzionato, nella percezione dei cittadini, quanto dallo stato si riceve rispetto a quanto lo stato chiede. La smentita è data dalla perfetta aderenza tra il cambiamento di colore in una raffigurazione della «penisola evasora» che indica il trapassare da una pratica, diciamo così, abbastanza moderata ad una evasione che, al suo «meglio» corrisponde a 65,87 euro per ogni cento di imposta versata, con una ipotetica mappa esemplificatrice della ormai più che secolare «questione meridionale». In pratica la linea del cambiamento taglia infatti la penisola più o meno a metà, trascolorando da un verde più o meno pallido con qualche chiazza giallo chiaro, per veder dominare, da Roma in giù, un patchwork di giallo intenso, color mattone, ocra, fino ad un deciso marrone, che riguarda tutto il sud, come si suol dire «isole comprese». L’Agenzia delle entrate è arrivata, attraverso una sofisticata individuazione di indicatori sapientemente incrociati, a definire appunto le percentuali medie di evasione, territorio per territorio, dimostrando, in maniera incontrovertibilmente e dettagliatamente scientifica, ciò che comunque era già piuttosto palese agli italiani, sia da un punto di osservazione empirico che da una semplice osservazione logica, e cioè il fatto che l’evasione si concentra al Sud, anche se il valore assoluto delle somme sottratte all’erario è molto più rilevante al Nord. La conoscenza empirica del fenomeno è facilmente riassumibile, nell’esperienza di ciascuno sia stato per vacanze più o meno brevi nelle zone in questione, magari solo per una gita, di riportare a casa, assieme alle foto-ricordo, anche una più o meno normale quantità di ricevute o scontrini fiscali o che, avendoli, riportino proprio l’intera somma spesa. La deduzione logica è un po’ più articolata: per un verso, date le ben note statistiche sull’occupazione in Italia, è evidente che nel Mezzogiorno sono minoritarie proprio le categorie che rendono il Nord più virtuoso: lavoratori dipendenti e pensionati. Abbondano invece le pensioni sociali o di invalidità che spesso si accompagnano a lavori o lavoretti in nero. Ci sono pletore di pubblici dipendenti, statali o delle autonomie locali, che anch’essi hanno spesso una seconda attività che, in caso di marcato assenteismo, diventa talora la prima ed è tutta in nero. Per quanto riguarda i lavoratori autonomi, in specie commercianti, ristoratori, titolari di piccole pensioni o alberghi, artigiani, imprenditori, l’evasione fiscale non raramente corrisponde ad una sorta di assicurazione, naturalmente di carattere perverso: se dovete pagare il pizzo, che è il fenomeno più capillarmente diffuso in molte zone del sud, affidato ad una diffusa manovalanza come primo gradino di formazione, con sempre nuove giovani leve disposte a «lavorare», sareste in grado, o accettereste di pagare anche un consistente tributo allo stato, che si traduce in pratica in una doppia tassazione? E non c’è settore economico che si salvi. Certo, edilizia, commercio, cose risapute, ma nel 2007, SOS Impresa (Confesercenti) ha denunciato come anche il settore della pesca, con un fatturato di più di due milioni di euro, fosse sotto schiaffo della mafia con «intimidazioni rivolte agli operatori del settore ittico tra Catania e Siracusa, costretti dai clan a cedere il pesce a prezzi stracciati». Come riportava una nota Ansa, «è il Mezzogiorno il terreno più battuto per estorsioni e intimidazioni a causa soprattutto -fa notare Sos Impresa nel documento ‘Pesca e grandi affari’- del consenso sociale che la mafia incontra nelle realtà del sud, dove tale radicamento la rende fonte di sicurezza per cittadini e commercianti che, spaventati dalla dolorosa quanto visibile assenza di Stato e istituzioni, cercano addirittura il mafioso per mettersi a posto con l’opprimente tassa mafiosa’». Pare che Berlusconi sia riuscito ad ottenere dall’Europa la possibilità di applicare una «fiscalità di vantaggio» nel Sud Italia, per favorirne lo sviluppo. Forse sarebbe più urgente ed utile, da un lato, un’azione più capillare contro il fenomeno estorsivo, anche se sono i grandi arresti e i grandi processi quelli che danno lustro mediatico, da un altro lato quella cosa ormai obsoleta che si chiama certezza della pena, affinché una fiscalità imposta da uno Stato «lontano», per gli aspetti quantitativi e per quelli di sicurezza sociale si dimostri veramente più vantaggiosa della fiscalità «di prossimità» imposta dalle varie mafie. Oltre, naturalmente, ad ravvedimento collettivo di tutti gli italiani, che forse, ai tempi in cui perfino Sofia Loren si trovò in prigione per evasione fiscale, erano, volenti o nolenti, più fiscalmente virtuosi.
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