L’imprenditore-sindaco: basta politicanti

Il futuro di Venezia. Tra le idee del neosindaco Brugnaro la creazione di una zona franca e la messa all’incanto di opere dei musei cittadini per reperire risorse

Il Sole 24 Ore
16 Giugno 2015
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Va giù pesante con gli aggettivi, Luigi Brugnaro detto Gigi. La rivoluzione fucsia dell’ex presidente di Confindustria Venezia ieri pomeriggio ha toccato il suo acme. «Venezia in questi anni è stata ingannata e defraudata», dice dallo scranno più alto di Ca’Farsetti durante la conferenza stampa convocata alle 15 e cominciata con svizzera puntualità, spiazzando molti dei suoi capilista che lo affiancano in ritardo e si scusano pubblicamente. Incalza: «Qui la lista della gente che chiede è interminabile mentre quella di chi dà praticamente nulla». Brugnaro parla senza pause. Un eloquio torrenziale con alcuni concetti chiave: «A Ca’ Farsetti deve tornare la cultura del lavoro e della fatica. Gli amministratori sono al servizio dei cittadini e non viceversa. Dobbiamo ringraziarli uno a uno i veneziani. Io l’ho appena fatto anche prima di salire queste scale. Un signore mi ha detto che non votava da 34 anni. È tornato al suo seggio per me. Ne valeva la pena, mi ha detto». 
Nella sala consiliare di Ca’Farsetti c’è uno stuolo di giornalisti e cameramen. Il neosindaco si esprime come un cittadino qualsiasi cui è toccato in sorte di vestire la fascia tricolore. «Basta con la recita della politica: Venezia deve tornare a essere una città normale e competitiva. Il partito della menzogna e dell’oscurantismo è stato sconfitto. Lavorerò il triplo degli altri per guadagnarmi la fiducia dei cittadini e di chi non mi ha votato. Abbiamo continuato a far gestire la città dai politicanti e non dagli imprenditori: il risultato ce lo abbiamo sotto gli occhi». Un pensiero del sindaco va a Massimo D’Antona e Marco Biagi, «persone con le quali anche ho avuto il privilegio di lavorare» (Brugnaro è il fondatore di una grossa società specializzata nel lavoro interinale, ndr). Spiega: «Hanno pagato con la vita il loro impegno per far passare una riforma del lavoro che in altri Paesi europei era in vigore da anni». Poi attacca sui vu cumprà che vendono borse taroccate «con la copertura di persone insospettabili che in passato hanno occupato anche questi scranni. Un malcostume che faremo di tutto per estirpare: il lavoro cattivo scaccia quello buono, come si fa a non capirlo?». Il lavoro è un tema sul quale Brugnaro vuol fare di Venezia una sorta di area pilota. Due le azioni immediate: creare un’agenzia di sviluppo per il territorio e una zona franca di almeno 110 ettari. Così come garantire tempi e costi certi per le bonifiche. Su come reperire le risorse per coprire il buco di bilancio e sostenere nuovi investimenti si esprimono i suoi più stretti collaboratori. Il leghista Gian Angelo Bellati, vicesindaco in pectore (ma lui aspira al posto di city manager ricoperto da Marco Agostini) è un convinto assertore dello statuto speciale per Venezia, mentre Renato Boraso, capolista di un lista civica a sostegno di Brugnaro, ha un’idea più fantasiosa: «Basterebbe mettere all’asta 21 delle opere più prestigiose che i musei veneziani tengono nelle loro cantine: si recupererebbe all’istante una cifra oscillante intorno ai 500 milioni».
Brugnaro non entra nel merito, ma ripete un paio di volte la sua filosofia di fondo: «A situazioni straordinarie si risponde con contromisure altrettanto straordinarie». Area franca, statuto speciale per la città lagunare e messa all’incanto di alcune delle opere dei musei veneziani potrebbero costituire la strategia d’attacco di una giunta comunale che farà sicuramente parlare di sé.

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