I Paesi europei sono ancora indietro nel fare fronte all’emergenza clima: qualcosa si muove, ma “tutti hanno ancora molto lavoro da fare”. Questo il giudizio dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), che il 29 aprile scorso ha pubblicato il suo primo rapporto sull’ ‘Adattamento in Europa’ ai cambiamenti climatici.
Ormai le temperature medie sono in crescita in tutta Europa, mentre le precipitazioni stanno diminuendo a Sud e aumentando a Nord. Secondo Jacqueline McGlade, direttore esecutivo dell’Aea “l’adattamento consiste in nuovi modi di pensare e affrontare rischi e pericoli, incertezza e complessità. Richiederà agli europei di cooperare, imparare gli uni dagli altri e investire in trasformazioni a lungo termine necessarie”. Qual è la ricetta giusta? Non ne esiste una valida per tutti, ma serve sicuramente un mix di varie misure, da quelle tecnologiche a quelle mirate al ripristino degli ecosistemi naturali, fino a nuove politiche. Alcuni pionieri, specie a livello locale, in Europa e anche in Italia, si stanno già dando da fare.
Un progetto apripista è quello del ripristino del bacino naturale del Danubio, con un costo stimato di 183 milioni di euro, che aiuterà a prevenire i gravi danni provocati dalle inondazioni, considerando che solo l’alluvione del 2005 è costato 396 milioni. Dopo l’inondazione del 2011, Copenaghen ha formulato un suo piano d’azione urbano, mentre la regione delle Fiandre in Belgio ha messo a punto un piano per gestire il fiume Schelda.
Anche l’Italia presenta casi scuola: dopo l’esperienza della febbre Chikungunya nel 2007, il sistema di allarme precoce sul fronte salute e sicurezza messo in piedi dall’Emilia Romagna si occupa della prevenzione di rischi per la salute in caso di ondate di calore in città, mantiene strumenti di allerta di pericoli meteo e idrogeologici e monitora anche l’insorgere di malattie diffuse tramite il vettore della zanzara tigre. Altro modello è quello di una città come Milano, che con il suo ‘piano anti-caldo’ mette a disposizione di anziani e disabili un numero verde, per servizi come la consegna dei pasti e cure domiciliari. Altre città dotate di piani ‘anti-canicola’ sono ad esempio Parigi e Ginevra.
Nell’area del Mediterraneo l’emergenza clima mette a rischio la disponibilità di oro blu. Un problema noto a Barcellona, che si è dotata di un impianto di desalinizzazione da 200mila metri cubi al giorno, soddisfando il 20% dei suoi bisogni di acqua potabile. Un altro allarme da non sottovalutare è quello che riguarda il settore multimiliardario del vino, così sensibile al microclima locale. In Spagna c’é chi sperimenta per la sua produzione altitudini più elevate sui Pirenei, oppure ha piantato nuovi vitigni in Argentina e Cile. Un altro progetto spagnolo, Demeter, cerca invece di individuare nuove varietà di uva partendo dalla genetica di quelle esistenti. La sfida per convivere con il nuovo clima per l’Europa è cominciata.
(Fonte: Ansa)
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