Inversione di tendenza è in atto e sembra inarrestabile. Sarà l’effetto delle tante campagne, da quelle locali come “Imbrocchiamoci” a Venezia o “Acqua in brocca” ad Arezzo, a quelle puramente consumeristiche, come quella della Coop, che ha pubblicato un dossier completo sull’acqua di rubinetto e sulla minerale, certo è che i consumatori hanno scoperto il valore dell’acqua di casa propria, e ne è prova il diminuito consumo di acqua in bottiglia. Certo, c’è anche una motivazione economica, e del resto l’acqua di casa costa 0,001 centesimi al litro contro una media di 26 centesimi di quella in bottiglia. Ma c’è anche una ragione ambientale ed energetica, di risparmio sulle bottiglie in Pet e sui trasporti. Soprattutto, però, i consumatori si sono accorti che l’acqua del rubinetto è buona. Tanto che viene servita in caraffa nelle mense scolastiche e aziendali di molti Comuni. Ovvio, ci sono differenze da città a città, ma l’ampia indagine di Altroconsumo sull’acqua delle fontanelle di 35 città italiane conclude che – con qualche differenza nei valori di micro e macro elementi ma anche di contaminanti, differenza che però rientra sempre entro i limiti severi di legge – quasi dappertutto la qualità è buona. Ed è sana, perché i controlli sono tanti – degli acquedotti e delle Asl – e obbligatori. «Non c’è nessuna ragione nutrizionale né tanto meno di sicurezza per non bere l’acqua di rubinetto – spiega Laura Rossi, ricercatrice Inran, l’istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione – che resta quella preferenziale per tutti, bambini compresi. È in genere un’acqua ricca di minerali e il fatto che in alcune città sia ricca di calcio – come a Roma – è un valore e non un disvalore, come alcuni credono. Secondo recenti ricerche, che hanno contraddetto quanto si riteneva prima, anche il calcio dell’acqua può essere assorbito, sebbene in maniera ridotta rispetto al latte e i derivati. E non è vero che fa venire i calcoli, anzi chi è predisposto deve bere molto. Discorso analogo per il sodio: il quantitativo di sodio nell’acqua, anche in quelle che ne sono molto ricche, è risibile e incide pochissimo sul totale del nostro introito giornaliero. Motivo per cui è inutile comprare un’acqua che contiene meno sodio di un’altra, così come non ha senso comprarne una in farmacia per il biberon dei neonati, a meno che la propria acqua non sia molto ricca di fluoro, o ancora acquistarne una che stimola la diuresi: tutte le acque la stimolano, compresa quella di rubinetto». Dunque non ci sono grandi differenze, se non quelle legate al proprio gusto. «L’acqua minerale ha caratteristiche omogenee – precisa Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene della Cattolica di Roma – e se piace un’acqua dolce o frizzante la si compra per una questione di gusto. È bene ricordare che l’acqua dei nostri acquedotti proviene soprattutto dalle falde, dagli strati più profondi, ed è di ottima qualità. Paradossalmente in alcune zone del paese la minerale proviene da falde adiacenti e la qualità è davvero molto simile». Forse anche per questo motivo la campagna dei produttori di acqua minerale (“Acqua minerale. Molto più che potabile”), è stata bocciata dal Giurì perché denigra l’acqua del rubinetto e «ingenera nel pubblico convinzioni errate e timori non giustificati sulla sicurezza dell’acqua potabile per la salute dei consumatori». C’è da dire, però, che in 128 Comuni di motivi per essere preoccupati i consumatori ne hanno tanti: laUe ha infatti respinto la richiesta di una terza deroga sui valori di arsenico, fluoruro e boro, etichettando dunque l’acqua come non potabile. Il settimanale Salvagente, ha calcolato che nella regione più coinvolta, il Lazio, circa un milione di persone ha un’acqua con limiti di arsenico variabili da 20 a 50 microgrammi per litro. Il tetto stabilito dalla legge è 10 ma, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, dovrebbe essere zero considerato che l’arsenico ha – come ha stabilito lo Iarc, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro – un rischio oncogeno certo per l’uomo. La prima richiesta di deroga sarebbe dovuta servire per predisporre piani di intervento per eliminare i contaminanti. Ma pochi si sono mossi sul serio, confidando nella concessione di ulteriori deroghe. Fino allo stop europeo. Attenzione però a non fare allarmismi, precisa Legambiente nel suo rapporto sulle acque potabili: quella a rischio riguarda soltanto l’1,7 per cento della popolazione, gli altri 59 milioni di italiani hanno un’acqua di rubinetto sicura, controllata e di buona qualità. E se ha un po’ di sapore di cloro, basta lasciarla all’aria: il cloro è un gas ed evapora. Quanto ai filtri, funzionano di più quelli ad osmosi inversa o a raggi Uv; quelli a carbone attivo delle caraffe sono molto blandi.
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