Novità che dovrebbero rendere meno faticoso il viaggio parlamentare delle leggi. Intanto perché, come detto, i percorsi diventano sostanzialmente due: quello monocamerale, in cui la parte del leone la fa la Camera, alla quale la riforma affida il rapporto fiduciario con il Governo, e l’altro che continua a richiedere anche l’intervento – ad armi pari – del Senato. Il primo riguarda, con alcune eccezioni, tutti i disegni di legge: questi nascono a Montecitorio e, una volta approvati, sono trasferiti al Senato. Palazzo Madama – che diventa rappresentanza delle istituzioni territoriali e vede ridimensionato da 315 a 95 il numero dei componenti (più gli ex Presidenti della Repubblica e cinque senatori nominati per sette anni dal Capo dello Stato) – una volta ricevuto il testo ha tempi definiti per valutare il da farsi.
Davanti ai senatori si aprono, infatti, due strade: decidere di esaminare il disegno di legge (lo deve però richiedere almeno un terzo di loro) oppure limitarsi a una presa d’atto. In tal caso la legge viene promulgata.
Se, invece, Palazzo Madama decide di esaminare il Ddl, si apre un doppio scenario: l’esame non produce modifiche (e, pertanto, l’atto viene promulgato) oppure vengono introdotte correzioni (da approvare entro 30 giorni) . In questo caso il Ddl ritorna a Montecitorio, che pronuncia l’ultimo e definitivo via libera valutando se tener conto o meno delle modifiche introdotte dai senatori.
Esistono due particolarità nella nuova procedura e riguardano le leggi di bilancio (che devono essere sempre e comunque esaminate dal Senato, che ha solo 15 giorni per proporre eventuali modifiche) e quelle di attuazione della clausola di supremazia dettata dal nuovo articolo 117 della Costituzione (anche il Titolo V fa parte, insieme alla soppressione del Cnel, della riforma). In quest’ultimo caso la tempistica concessa a Palazzo Madama è la medesima degli altri disegni di legge, ma se il Senato introduce modifiche votandole a maggioranza assoluta, la Camera deve “rispondere” allo stesso modo. Procedura che è stata limitata rispetto alla versione della riforma approvata dal Senato.
È stato, invece, ampliato l’elenco dei disegni di legge che prevedono il ricorso al bicameralismo perfetto. Così come è stato rafforzato il voto a data certa, concedendo all’Esecutivo la possibilità di chiedere alla Camera di esaminare in via prioritaria un Ddl ritenuto essenziale per l’attuazione del programma di Governo. Montecitorio deve rispondere in cinque giorni e, nel caso di via libera, deve approvare in via definitiva il Ddl entro 70 giorni. Dunque, compreso il passaggio al Senato, che ha tempi dimezzati (5 e 15 giorni) per decidere se esaminare il testo e proporre eventuali modifiche.
Maggiore certezza dei tempi anche per i decreti legge: tutti i Ddl di conversione partono alla Camera, che deve inviarli al Senato entro 40 giorni.
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