E’ uno schiaffo a uno dei cardini della politica del ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Lo stop della Corte costituzionale alla norma sui sindaci-sceriffi riporta al buon senso e toglie ai primi cittadini poteri già usati in malo modo. Sì, perché con il cosiddetto “potere di ordinanza”, allargato a dismisura dalle disposizioni del pacchetto sicurezza, si è visto di tutto e soprattutto divieti: da quello di calzare gli infradito in pubblico alla possibilità di utilizzare insegne luminose bilingue. Fondato dalla legge, il sistema – equilibrato, consolidato ed efficace – basato su prefetto-questore-sindaco è stato sbilanciato a favore di quest’ultimo e ha prodotto, com’era facile prevedere, risultati di dubbia efficacia ma spesso “creativi” fino al folclore. La scelta della Consulta di fatto riporta tutto all’origine e dimostra che le riforme a tutti i costi, a volte, possono scacciare la moneta buona anziché quella cattiva. Per Maroni è un’occasione di ulteriore riflessione nel giorno in cui deve cedere la gestione dell’emergenza umanitaria alla presidenza del Consiglio e al capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, neo-commissario di Governo.
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