Soltanto la Bce può e deve salvare gli stati europei, in primis l’Italia, dalla crisi dei debiti pubblici. Su questa convinzione stanno convergendo da settimane economisti di varia estrazione che osservano l’incremento dei rischi sovrani, come quelli dell’Italia: ieri il differenziale dei rendimenti fra il Btp italiano e il Bund tedesco è arrivato a quota 459 punti.
Se sono risapute da tempo le posizioni del premio Nobel per l’economia, Paul Krugman, che da tempo auspica un ruolo più attivo dell’Istituto centrale di Francoforte da ieri presieduto da Mario Draghi, così come per gli addetti ai lavori sono note le tesi del membro del board della Banca d’Inghilterra, Adam Posen, lo schieramento degli economisti che chiedono che la Bce diventi prestatore di ultima istanza degli stati, quindi garantendo i debiti pubblici, si compone anche di accademici liberisti, progressisti e keynesiani.
In un’intervista al Foglio, il rettore della Bocconi, Guido Tabellini, ha detto di conoscere e apprezzare le idee di Posen, che da tempo invoca un ruolo più attivo ddielle banche centrali per difendere la moneta, le banche e quindi gli stati: «Quelle che fino a poco tempo fa potevano essere considerate tesi eccentriche», ha spiegato Tabellini, «sono rivalutate perché Posen ha studiato a fondo gli effetti della crisi del debito giapponese sull’economia.
Uno scenario simile a quello che affronta l’Europa per una persistente crescita debole. Quindi i suoi consigli affinché gli Istituti centrali, quello inglese e quello di Francoforte, non siano inerti, devono essere valutati con attenzione». «A statuto vigente», ha aggiunto l’editorialista del Sole 24 Ore, «l’istituto di Francoforte potrebbe già effettuare operazioni di quantitative easing come quelle della Fed e della Bank of England. La congiuntura macroeconomica e finanziaria giustifica gli acquisti di titoli pubblici di tutti gli stati che la Bce potrebbe e dovrebbe effettuare», anche soltanto con un annuncio di potenziale acquisto illimitato dei titoli pubblici in crisi, senza garanzie, che così calmerebbero i mercati in tensione.
Favorevole a una trasformazione di fatto della Bce in prestatore di ultima istanza si è dichiarata in un recente commento sul Corriere della Sera l’economista liberal, Lucrezia Reichlin, consigliere d’amministrazione di Unicredit nonché ex capo economista della Bce. Simile la posizione anche dell’economista Tito Boeri, editorialista del quotidiano la Repubblica, secondo cui però è necessario un mandato politico affinché la Bce possa subire questa trasformazione.
Chi anche a sinistra, in maniera finora spesso solitaria, sostiene queste tesi è l’economista sraffiano e keynesiano Sergio Cesaratto, docente all’Università di Siena. In un recente intervento sul sito animato da economisti progressisti, Nelmerito.com, Cesaratto ha scritto: «A noi sembra che soprattutto l’attribuzione piena alla Bce del ruolo di prestatore di ultima istanza sia chiave nello sdrammatizzare la crisi del debito nei paesi periferici europei. Lo scorso 8 agosto», ha aggiunto, «la Bce è in effetti intervenuta a sostegno dei debiti sovrani di Italia e Spagna, ma, come è stato osservato, troppo poco e troppo tardi. Se la Bce avesse agito prontamente, assicurando la propria garanzia assoluta sui debiti sovrani, non avrebbe dovuto acquistare neppure un titolo e i differenziali sarebbero prontamente rientrati nei ranghi». «Ma è mai possibile», ha scritto ieri Cesaratto in una lettera al quotidiano l’Unità, criticando un editoriale di Paolo Guerrieri – che per leggere qualcosa di sensato sull’Europa ci si debba rivolgere al Financial Times, al Wall Street Journal e all’Economist»? Una frase dell’intervento di Cesaratto sul quotidiano diretto da Claudio Sardo ha meritato, secondo il direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, il premio «Frase più importante dell’anno». Eccola: «Possiamo ben dire che è questa Europa che sta facendo esplodere il debito italiano e non viceversa. Al popolo della sinistra va detta la verità».
È la Ue che fa esplodere l’Italia
E non viceversa. Lo dice su l’Unità l’economista Sergio Cesaratto dell’università di Siena
Italia Oggi
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